Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Tradizione e innovazione La lezione del Lido Bianco
Si può pensare che sia un paradosso, ma a volte i cambiamenti e gli adeguamenti alla modernità contribuiscono a garantire una stabile continuità con il passato. Soprattutto quando si tratta di un passato di notevole spessore. È il caso dell’attività di ristorazione del Lido Bianco di Monopoli, che ha avuto inizio a metà del secolo scorso, e che tuttora è gestita dall’intera famiglia Bini: tra il papà Giovanni, esperto selezionatore di materie prime ittiche, la mamma Clorinda e i figli Lucrezia e Graziano. Identica negli anni è rimasta la magnifica posizione, proiettata su un mare che attraverso le vetrate a parete sembra diventare parte integrante dell’arredamento ( foto 1). Mentre all’interno regna un’atmosfera che è resa sempre più accogliente, anche grazie alla recente creazione di angoli per sorseggiare un calice di bollicine come aperitivo.
La novità di maggiore rilievo è tuttavia l’arrivo in cucina del giovane chef Domenico Giannico ( foto 2), che riesce a entrare in sintonia con lo spirito complessivo. Si misura infatti con i classici, senza mai sfiorare l’ovvietà, e sperimenta senza mai dimenticare l’identità d’appartenenza. Lo dimostrano i cremosi tagliolini con capperi, acciughe, pomodori al filo e pescatrice, e gli ironici strascinati integrali con rape fritte maionese di alici e bottarga di muggine, che rivisitano due tipici primi piatti della nostra tradizione. Magari subito dopo aver apprezzato il piacevole gioco di contrasti tra il dolce e l’amaro dello sgombro con fave fritte, cicorie saltate e zabaione al moscato di Trani (foto 3); oppure la preziosa rarità delle cozze «alla Pipina» (marinate in pinzimonio con cipolla e pepe, e accompagnate dal provolone), che è un bene da conservare a memoria delle generazioni future.
Si conclude con la squisita mousse di cioccolato con gel al limone, polvere di nocciole e menta. La cantina riserva diverse belle sorprese, e il servizio è coordinato con consumata professionalità da Angelo De Marco.