Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Il diadema del Re Bastardo che si prende gioco di noi

- di Mercedes Capone

Qualcuno potrebbe dire che si tratta di un Re, in fondo. E che dovresti dirgli pure grazie, visto che rincorre te! Decido di uscire, farò due passi e io so che saranno più di due e saranno veloci perché avrò il timore che mi abbranchi alle spalle, il Re Bastardo. Un monarca che ostenta sdegnosame­nte quell’odioso diadema colorato e lo esibisce dispettoso.

Il silenzio mi rimbomba nelle orecchie ed è un frastuono insonoro che non sopporto. Penso che siano eccessivi due ossimori in un così breve spazio di scrittura, ma in questo momento mi sento proprio così: eccessiva, angosciata e la colpa è sua, del Re. È lui il responsabi­le di questo mio sentire, lui, il Re che ostenta sdegnosame­nte quell’odioso diadema colorato. Fa pensare alle Regine immobili, alte e fredde, dell’arte Bizantina. Io sono una persona morbida, rotonda, semplice, non amo gli eccessi che ama lui, i colori troppo vivaci accostati alla rinfusa, quelli che si fanno beffa del buongusto. Lui, il Re che esibisce dispettoso la sua corona di smeraldi verdi incastonat­i su fieri pinnacoli e cuspidi di rubini, rossi, vividi come lapilli e che si prende gioco di me, della mia angoscia. È mobbing oramai. Non lo vedo, ma so che c’è. È nascosto da qualche parte, non so dove, ma temo che mi salti addosso da un momento all’altro.

So di sembrare una sciocca. Qualcuno potrebbe definirmi fobica anche. E lui, Qualcuno, potrebbe dire anche che si parla di un Re in fondo, che si vede lontano un miglio che è anche ricco, tenuto conto degli smeraldi e dei rubini che ammiccano sul suo diadema. E quel Qualcuno potrebbe aggiungere pure con severità che non è un suddito quello che ti rincorre, insomma via! È un Re porca miseria! Un Re! E che dovresti pure dirgli grazie, visto che rincorre addirittur­a te! Così concludere­bbe quel Qualcuno, quello di prima, puntandomi un dito accusatore. Addirittur­a?! E chi sarei io? E chi, chi altri rincorre oltre me? Decido di uscire, farò due passi e so che saranno più di due e saranno veloci, perché avrò il timore che lui mi abbranchi alle spalle. E corro, corro, corro fino a quando i muscoli delle gambe mi pare che siano diventati due mattoni e il fiato è ormai cortissimo, non farebbe muovere di un solo millimetro la ventolina dello Spirometro. Io lo so bene perché ho problemi cronici di respirazio­ne. Ma devo correre, perché percepisco la presenza del Re alle mie spalle. È come quando ero bambina e la sera sentivo che il Buio dietro di me stava per agguantarm­i. Il Re mi avrebbe raggiunta e agguantata. Dovevo correre, nonostante le gambe-mattoni e il respiro tanto corto da impedire la Spirometri­a. Ho tanta paura e per questo corro. Ho un leggero mal di stomaco, dentro sento una pizzicata improvvisa e fastidiosa. Penso di aver fatto un incubo o forse più d’uno, perché ho la sensazione di aver corso la mille miglia a piedi.

Il caffè lo berrò dopo, ora ho fretta di sentire l’aria fresca entrare dentro ai miei polmoni stanchi. Voglio una sferzata di ossigeno. Cammino con la lentezza di chi non sa più come convincere i muscoli delle gambe ad ubbidire al cervello, che invece corre come farebbe quello di una ragazzina. Da tanto tempo chiedo aiuto ad un elegante bastone nero; grazie a quello, piano piano, mi avvicino al cancello di casa. Non c’è anima viva in giro. È tutto surreale. Alzo lo sguardo e dai balconi penzolano lenzuoli, colorati da mani di bimbi e una frase al centro scritta sulla scia di un arcobaleno. ANDRA’ TUTTO BENE. Su un cartellone leggo CORONAVIRU­S NON VINCERAI e un disegno: una corona enorme colorata di verde e di rosso posata su una testa brutta. Ora ricordo e comprendo. Sì, vinceremo noi Re Bastardo.

La paura «Non lo vedo, ma so che c’è. Temo che mi salti addosso»

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L’autrice leccese Mercedes Capone

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