Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Le industrie dopo il decreto Bosch chiude la fabbrica Mittal rallenta l’altoforno 2
A Brindisi ancora aperte Petrolchimico e Cerano, a Grottaglie il sito di Leonardo vuole andare avanti ArcelorMittal avvia l’Afo2 verso lo spegnimento
Dopo il decreto del governo che ha fermato le attività non essenziali, situazione fluida in Puglia. A Bari lo stabilimento Bosch, il più grande dell’area industriale, chiude i battenti fino a nuove disposizioni. A Taranto, invece, ArcelorMittal rallenta la produzione di Afo2 portandolo verso un graduale spegnimento. Restano aperti a Brindisi la centrale di Cerano e il Petrolchimico. A pieno regime Barilla a Foggia e le aziende alimentari.
BARI Il caos è durato qualche ora. Il tempo di capire ciò che il governo non è riuscito a comunicare con chiarezza e tempestività. Ovvero: quali sono le attività essenziali che non dovranno essere chiuse dopo la nuova stretta anti Covid-19? Nella zona industriale di Bari la gran parte delle aziende metalmeccaniche ha bloccato l’attività fino al prossimo 3 aprile. Bosch, Oerlikon Graziano, Magneti Marelli, Skf e Magna International (ex Gestrag) hanno interrotto l’attività. Resta in servizio, invece, il centro ricerche di Bosch come tutte le aziende del settore chimico (Bridgestone) e farmaceutico (Merck Serono e Sanofi Aventis). «Fortunatamente – chiarisce Riccardo Falcetta, segretario generale della Uilm Uil di Puglia – ha prevalso il senso di responsabilità da parte di tutti ed è stata imboccata la strada del buonsenso così come auspicato dal sindacato. Non ci sarà bisogno di scioperi: la priorità deve essere la tutela della salute delle lavoratrici e dei lavoratori, giusto assumere la decisione di sospendere temporaneamente i processi produttivi. Resta il nodo legato a tante e piccole medie imprese del territorio provinciale. Bisogna fare un’attenta ricognizione per capire quali tra queste realtà sono davvero essenziali, così come disposto dal decreto, per il bene e l’interesse collettivo e quali, invece, potranno seguire l’esempio dei grandi siti produttivi locali». Da qualche giorno è partita la corsa alla cassa integrazione. Centinaia di aziende hanno iniziato inviare richieste.
«Non siamo riusciti a esaminare tutte le istanze – conclude Falcetta – perché sono veramente tante. Nella sola province Bari-Bat ne contiamo 500. Ora il timore è che le risorse destinate per gli ammortizzatori sociali possano non bastare. Nessuno deve restare senza un aiuto». A Brindisi restano aperte le aziende del Petrolchimico Eni e la centrale elettrica Federico II di Cerano. In funzione gli impianti di Basell, Jindal, Chemgas e Versalis. «Siamo stati inondati da centinaia di richiesta di cassa integrazione ordinaria e in deroga – spiega Danilo Lozito, segretario generale Femca Cisl Puglia – e nei prossimi giorni proseguiremo l’attività di confronto. Nel leccese sono stati firmati accordi, per i settori tessilecalzaturiero, pari a 1.150 unità. Ma i numeri sono sempre più in crescita». Intanto, le grandi manovre di sicurezza hanno interessato lo stabilimento ArcelorMittal di Taranto. Come conseguenza dell’accordo tra azienda e sindacati sulle misure di contenimento dei rischi di contagio da Coronavirus, proseguono le operazioni di fermata dell’Altoforno 2 (impianto dell’area a caldo al centro di uno scontro giudiziario e che ha ottenuto la proroga della facoltà d’uso nel gennaio scorso). La Fim Cisl, dopo l’incontro tra la dirigenza e le Rsu (Rappresentanze sindacali unitarie), fa sapere che da «venerdì notte è stato assoggettato all’abbassamento della carica onde evitare ripercussioni tecniche e shock termici, ma senza effettuare il colaggio della salamandra, visti i tempi contingentati. Gli scambiatori di calore Cowper continueranno ad essere alimentati per non deteriorare irrimediabilmente gli impianti». A seguito della fermata, aggiunge la Fim, «verrà utilizzato unicamente il personale necessario per la messa in sicurezza dell’impianto, in successione del quale verranno lasciati unicamente i presidi. A fine operazione saranno collocati in cassa integrazione 56 operai».
«Attualmente – sostiene Giuseppe Romano, segretario generale della Fiom Cgil di Taranto – sono in servizio 3.600 dipendenti su tre turni più uno di riposo. Abbiamo chiesto di ridurre le forze lavoro per garantire la sicurezza. L’azienda, intanto ha indicato la strada dopo lo smaltimento ferie: vuole cassa integrazione almeno per 5 mila unità». Resta in attività la raffineria Eni. Anche il settore aerospaziale, con la multinazionale Leonardo di Grottaglie, vuole andare avanti. Lo stabilimento è fermo fino a mercoledì, ma l’azienda intende ribadire la strategicità del settore e vorrebbe riprendere con la produzione. Stesso discorso per lo stabilimento di Foggia che fabbrica anche gli stabilizzatori del Boeing 787 Dreamliner. In Capitanata è attiva tutta la filiera dell’agroalimentare con la Barilla e i pastifici.