Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

I MILITI NOTI DI QUESTA GUERRA

- Di Alessio Viola

Sono migliaia, lavorano senza sosta, si sacrifican­o per noi, invisibili e senza nome, tutti i lavoratori della sanità. Sono i militi noti di una guerra che non è finita. A loro rischiamo di vedere affiancati, ma obliati, militi ignoti di una guerra nel fango come quelle di un tempo, le migliaia di immigrati africani che vivono sulle nostre terre. Che quelle terre coltivano e rendono feconde, fertili, da cui raccolgono i frutti che ci tengono in vita, che danno energia a un Paese stremato e impaurito.

La filiera alimentare è in gran parte posata sulle loro braccia, sulle schiene rotte da ore di lavoro (sopratutto) nero. Anzi invisibile. Come vivono lo sappiamo bene: è quel modo tremendo che ci fa indignare ogni volte che se ne parla, per poi dimenticar­lo subito dopo. Scendiamo nei nostri supermerca­ti, facciamo la fila disciplina­ti, guanti e mascherine, pesiamo gli ortaggi, ci riforniamo di surgelati e passate, rientriamo a casa. Che si mangia oggi? I militi ignoti stanno lì. E non sanno quando il virus arriverà a travolgerl­i. Ma sanno che arriverà.

Anche il razzista più becero dovrebbe tremare per la loro salute, pregare per mantenerli in vita e difenderli: se fossero travolti come a Bergamo o Milano, sulle nostre tavole avremmo ben poco da mangiare. Perché a loro è affidata anche la macellazio­ne degli animali, per dire, o la raccolta delle uova e della frutta di stagione. C’è un capitale umano, chiamatela forza lavoro se vi fa sentire meglio, che va tutelato. Ne va del nostro futuro, oltre che del loro. Sarebbe importante che la Regione Puglia impostasse dei piani di prevenzion­e e cura in zone - ad esempio - come la Capitanata. O aprisse un file, come si dice, intestato “Immigrati: disposizio­ni per il virus”.

Prima gli italiani? Certo, e prima anche gli immigrati. Proprio così. Se non salviamo loro non salviamo neanche noi stessi. Manca ancora tanto, non tutto per fortuna, nella nostra sanità che regge nonostante i tagli selvaggi degli ultimi venti anni. Ma una dotazione di base, container, acqua corrente e forniture elettriche vanno potenziati in quei luoghi dello sfruttamen­to e del dolore. Noi restiamo nelle nostre case, mentre a rischiare in prima linea sono migliaia di persone che tengono in piedi la nostra sanità. E poi ci sono gli invisibili, che ci danno sempliceme­nte da mangiare. Apriamo gli occhi, esistono, sono qui.

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