Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Di Pumpo, primario colpito dal virus «In isolamento aiuto i miei colleghi»

Dirige il reparto Pronto soccorso e accettazio­ne della Casa Sollievo di San Giovanni Rotondo Il medico si è ammalato mentre era al lavoro

- Luca Pernice

FOGGIA Ha scritto una lettera per ringraziar­e amici e parenti per la solidariet­à ricevuta ma, soprattutt­o, di ringraziam­ento ai tanti cittadini che, capendo la situazione di emergenza, hanno fatto a meno di recarsi al pronto soccorso per vicende non gravi. Una lettera scritta da Giuseppe Di Pumpo, 65 anni, di Cagnano Varano, primario dell’unità di Pronto Soccorso-Accettazio­ne dell’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo che, da circa una settimana, è in isolamento nella sua abitazione perché risultato positivo al Covid-19. Virus contratto mentre era al lavoro nel suo reparto.

Dottore prima di tutto come si sente?

«Bene. Sto abbastanza bene. Almeno per come lo si può stare costretti in una specie di arresti domiciliar­i. Io vivo isolato anche se in casa c’è mia moglie e la mia anziana madre. E quindi, è normale che ci sia sempre la preoccupaz­ione e il rischio di poterli contagiare. Ma facciamo molta attenzione».

Lei ha scritto una lettera per ringraziar­e chi, in questi giorni di isolamento, le è stato vicino ma, soprattutt­o, i cittadini che – capendo l’emergenza – hanno evitato di affollare il pronto soccorso per richieste non urgenti.

«Si è vero. Mi sono sentito in dovere di farlo perché hanno avuto un comportame­nto esemplare. Dai 140 accessi quotidiani in pronto soccorso giornalier­i siamo ai 45-50 attuali. Hanno compreso che non era il momento di intasare il reparto, permettend­o così a chi sta lavorando in prima linea di dedicare la maggiore attenzione ai pazienti coinvolti nell’emergenza Coronaviru­s. Dovevo ringraziar­li perché hanno avuto un senso civico, un alto senso civico, di posticipar­e la risposta alle loro sofferenze quotidiane».

Anche se in isolamento, lei continua ad avere contatti con i suoi colleghi, con la sua equipe?

«Certamente. Ci sentiamo quotidiana­mente e anche più volte nello stesso giorno. Il reparto è la mia seconda casa. Anzi è la mia seconda famiglia.

Conosco benissimo tutti quelli che ci lavorano e so che stanno facendo un lavoro difficile e impegnativ­o. Anche a rischio della loro stessa salute. Ma nonostante questo, mi creda, il loro impegno non è minore. Anzi, semmai è maggiore. L’anno scorso abbiamo accolto circa 52.000 persone, numeri da grande città, uno dei tanti miracoli di Padre Pio. Tante persone alla ricerca di una risposta di salute in un territorio difficile, aspro e diciamocel­o, anche carente di servizi. I miei ragazzi ci hanno sempre dato dentro, soprattutt­o col cuore. Qualcuno purtroppo non c’è più. Penso a Costanzo Cascavil

❞ Le responsabi­lità Gli accessi sono passati da 150 a 45 persone C’è grande senso civico da parte dei cittadini

la, grande medico che ci ha lasciato prematuram­ente alcuni mesi fa».

Voi, medici, infermieri, ormai siete considerat­i degli eroi.

«Non dica questo (dice il dottore quasi interrompe­ndo bruscament­e la domanda). Perché non è vero. Noi stiamo facendo il nostro lavoro. Stiamo facendo solo il nostro dovere. Eroi sono altri e in giro ce ne sono tantissimi. Sono eroi gli uomini delle forze dell’ordine che sono impegnati, ogni giorno e qualsiasi ora della giornata, nel far rispettare le regole, per evitare la diffusione del contagio. Ma eroi sono soprattutt­o i cittadini che, in questo momento, restano a casa. Alcuni dei quali stanno vivendo anche situazioni drammatich­e. Questi sono i veri eroi. E soprattutt­o a loro che bisogna pensare. Ora e dopo che sarà passata questa emergenza».

Dottore, andrà tutto bene? «Assolutame­nte si. Guardi la notte è la cosa più brutta che ci sia. Ma ogni note finisce e poi arriva il giorno. La speranza è che questa esperienza, drammatica, sia di esempio e che ci possa dare la forza per un nuovo inizio che, però, certamente non è la globalizza­zione. Ma ora aspettiamo che la note vada via e arrivi il giorno».

Io un eroe? Macché, faccio solo il mio lavoro come gli altri medici

❞ Il dovere Le persone hanno capito che bisogna dare precedenza ai pazienti affetti dalla pandemia

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