Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Il virus affonda pure Mittal Sospesi i bonifici all’indotto E ora la partita col prefetto
TARANTO Il virus affonda le casse di ArcelorMittal. La liquidità scarseggia e i pagamenti alle imprese dell’indotto vengono rallentati e sospesi. Si riavvolge così il nastro dei rapporti tra la grande committente e la platea delle piccole e medie imprese locali. La situazione sembra tornare a quattro mesi fa, ai tempi della serrata ai cancelli della fabbrica. «La call conference di ieri pomeriggio con ArcelorMittal non è andata bene» commenta il presidente degli industriali di Taranto.
Antonio Marinaro ha esaminato lo stato di salute delle ditte esterne in videoconferenza con Arturo Ferrucci, direttore delle risorse umane della multinazionale. «Ci sono 34 milioni di scaduto esigigera, bile che ArcelorMittal non può pagare – dice Marinaro ho forti sollecitazioni dalla base però dobbiamo comprendere bene l’attuale posizione dell’azienda che è molto restrittiva nei pagamenti e nella rinegoziazione dei contratti. Non è però corretto dire che la committenza non stia pagando in modo assoluto. Sta pagando pochissimo e in modo molto, molto diradato e con percentuali davvero esigue rispetto allo scaduto».
Questa situazione genera grande preoccupazione perché il periodo particolare acuisce lo stato di crisi delle piccole ditte e i bonifici di ArcelorMittal costituiscono l’ossigeno per andare avanti. A novembre l’obiettivo era resistere a una situazione passegoggi si tratta di sopravvivere. «Quando un’azienda non ha disponibilità – conclude Antonio Marinaro - è obbligata a fermarsi e penso che un fermo delle nostre attività nel siderurgico può causare problemi. Noi non vogliamo creare problemi e stiamo ragionando tutti insieme sul che fare. Soprattutto sto cercando di comprendere perché siamo arrivati ad una considerazione molto residuale da parte dell’azienda nei confronti dell’economia locale, dell’indotto e della città di Taranto».
Oggi, intanto, le conseguenze della pandemia da Covid-19 sulla salute pubblica e sul lavoro nel territorio ionico saranno al centro di una videoconferenza tra il prefetto Demetrio
Martino e i rappresentanti dei sindacati generali di Cgil, Cisl e Uil. Paolo Peluso, segretario generale della Cgil, aveva anticipato il tema sollecitando informazioni corrette e tempestive come «arma di contrasto e prevenzione» riferendosi, in particolare ai «casi all’interno dell’ex Ilva o all’interno di una casa di cura».
Nell’incontro si parlerà anche del problema dello stabilimento siderurgico in considerazione del fatto che venerdì 3 aprile scadrà il decreto con cui il prefetto ha autorizzato l’azienda a continuare la produzione, ma non ai fini della vendita, tenendo in fabbrica sino a 5500 lavoratori tra diretti (3500) e indotto (2000). Sin dal primo momento i sindacati hanno contestato questa impostazione e puntano, con il nuovo decreto prefettizio, ad ottenere una riduzione della forza lavoro presente in fabbrica nei tre turni. Chiedono un assetto di marcia ridotto al minimo e in regime di comandata. Anche se questo regime può essere tenuto al massimo per qualche giorno.
Intanto ArcelorMittal, per alleggerire la presenza umana nello stabilimento, ha chiuso i cantieri del piano ambientale sospendendo tutte le attività legate all’attuazione delle misure previste dall’Aia. Antonio Talò, segretario Uilm Taranto, conferma che «in questo modo ci saranno circa 900 persone in meno per quanto riguarda l’indotto-appalto». In sostanza dei 2.000 autorizzati dal prefetto ne entreranno 1100. La richiesta di ridurre il personale arriva anche dai sindaci dell’area ionica in un documento congiunto. Per «meglio tutelare la salute pubblica» chiedono battendo i pugni sul tavolo «il regime di comandata, con la esclusiva finalità - sostengono - di evitare danni agli impianti e rischi di incidente rilevante».
Antonio Marinaro Ci sono 34 milioni di scaduto che non può onorare
❞ Antonio Talò In fabbrica previste novecento persone in meno