Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
«Bari, così non va. Troppi contagi»
Nell’ultima settimana epidemia salita del 25,4%. L’allarme di Decaro e la situazione nei quartieri
Prima su Facebook, poi con un audio Whatsapp. Così il sindaco Antonio Decaro ha voluto alzare il livello di guardia sull’emergenza coronavirus a Bari. «Negli ultimi giorni siamo passati velocemente da 170 a 217 contagiati, non è accettabile». Nella giornata di ieri, però, la curva dell’infezione in Puglia ha frenato con 58 casi su 1.053 tamponi effettuati. Nove i decessi registrati, sei dei quali proprio a Bari e provincia.
LECCE Dover prendere atto che un esercito di circa 600 infermieri impiegati negli ambulatori pugliesi siano stati messi in ferie forzate nel pieno dell’emergenza pandemica da Covid-19 «fa rabbia e dovrebbe indurre la sanità pubblica a una profonda riflessione», chiosa Donato De Giorgi, presidente dell’Ordine dei medici della provincia di Lecce e primario di Chirurgia all’ospedale di Gallipoli. Una riflessione che arriva subito dopo la denuncia del segretario pugliese e nazionale del sindacato Usppi, Nicola Brescia, su quella che definisce una pessima gestione degli organici nella sanità pubblica regionale da cui discendono conseguenze aberranti come il ricorso abnorme, da parte del personale, ai benefici della legge 104 e alle limitazioni funzionali. Situazioni che inducono le Asl a destinare una non trascurabile quota degli operatori agli ambulatori disseminati sul territorio.
Dottor De Giorgi, condivide la dura critica dell’Usppi ai gestori della sanità pugliese?
«Noi avvertiamo questa problematica, fermo restando che il ricorso gli ospedali in questa fase è crollato soprattutto perché i nosocomi, che fino a due mesi fa, erano visto come la soluzione ai problemi di salute, ora sono percepiti coma causa di contagio. In alcuni casi vi è anche un esubero di infermieri. Detto questo, certamente molta rabbia vedere infermieri sottoutilizzati o invitati a prendere le ferie o addirittura, in maniera scorrettissima, a esibire certificati medici. Tutto questo mentre altri infermieri - ma il discorso vale anche per i medici - stanno in prima linea e fanno turni massacranti. Queste sono persone che svolgono il proprio lavoro con la paura di contagiarsi, una paura che si portano fin dentro casa».
Si calcola che nelle strutture sanitarie pugliesi ci sia un fabbisogno di circa 1.500 infermieri, mentre circa 800 sono quelli in servizio negli ambulatori extraospedalieri, la cui attività è stata sospesa per l’emergenza Covid.
«Sì, ma è troppo difficile recuperare i buoi quando sono ormai scappati dal recinto. In questa fase non è per niente semplice reclutare infermieri e medici, perché alcuni lavorano già, magari in situazioni meno rischiose di quelle che vengono proposte. Io credo che il disagio che stiamo vivendo sia frutto di una politica poco lungimirante. Non si poteva immaginare certo tutto quello che sta accadendo, ma tagli e riduzioni fatti
Il cambiamento Il ricorso agli ospedali in questa fase è crollato perché sono visti non come la soluzione ai problemi ma percepiti coma causa di contagio
Politici non lungimiranti Non si poteva immaginare tutto quello che sta accadendo, ma tagli e riduzioni alla sanità hanno prodotto ciò che stiamo vedendo
secondo la logica della sostenibilità economica hanno prodotto ciò che stiamo vedendo. Servono infermieri che non siano alla loro prima esperienza lavorativa o che finora hanno cambiato solo cateteri. Non si può prendere gente senza esperienza e catapultarla in prima linea, magari nelle terapie intensive. Oltretutto i servizi territoriali in questo periodo emergenziale sono sospesi. L’infermiere che lavora in un ambulatorio o il medico che fa le patenti sono risorse sciupate. Ma anche negli stessi ospedali il personale deve essere utilizzato meglio. E tuttavia la medicina del territorio non deve essere sguarnita.
Le risorse vanno redistribuite con razionalità, anche perché una parte di queste sono impiegate male anche sul territorio, dove sono inutili e persino dannose. Occorre una gestione del personale molto diversa da quella che abbiamo avuto finora».
Tanti operatori della sanità pubblica, sia pure invocando l’anonimato, si dicono in piena sintonia con quanto denunciato dall’Usppi, sostenendo che vi è un abuso nel ricorso a strumenti come la legge 104 o le limitazioni funzionali per ottenere condizioni di lavoro meno impegnative.
«È così. C’è un vero e proprio abuso. Dalla semplice osservazione della nostra realtà scaturisce un eccessiva presenza di limitazioni o di benefici previsti dalla legge 104. Io mi impegnerò personalmente per attivare una moratoria rispetto all’uso di questi strumenti. Mi sono ripromesso di agire anche per verificare l’azione dei medici competenti che valutano le richieste di 104 o di limitazioni funzionali».
Tra l’altro, il ricorso a questo tipo di benefici non si riscontra affatto o si rileva molto raramente nelle strutture sanitarie private.
«Sì, è proprio così. Negli ospedali gestiti dai privati, anche se fanno parte della rete pubblica, questi fenomeni non esistono. Occorre chiedersi perché».