Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
La patina noir dei fantocci di stoffa targati Bagliato
Aprite quella porta, anche se in genere si consiglia il contrario. Nel caso dell’opera di Mariantonietta Bagliato «In my closet», la porta in questione, qualora dischiusa, svela il nuovo lavoro pensato durante il confinamento e destinato, nella sua traduzione fotografica, alla collettiva «Solo Show», curata da Like a Little Disaster (http://soloshow.online/ in rete e @marianbagliato su instagram). L’idea che la porta chiusa di un ripostiglio rimandi a qualcosa di nascosto e come tale sia oggetto di macchinazioni dai cupi risvolti, offre numerose opportunità da elaborare creativamente. Del resto, rintanarsi, celarsi, sottrarsi alla vista degli adulti è un gioco caro ai bambini divenuto, in epoca Covid 19, fatalmente obbligatorio anche per gli adulti. Bagliato riflette, dunque, sulla condizione di recente e innaturale esilio dalla comunità sociale, di una possibile esistenza, anche al di là degli altri, esattamente come il bambino che scomparendo temporaneamente rafforza il processo identitario e afferma la propria autonomia. Per farlo, però, prevede e auspica anche la situazione opposta, ossia il ritrovamento, il disvelamento, perché non c’è identità senza riconoscimento. E allora, l’artista barese stipa nel suo nascondiglio domestico, aperto al popolo del web, fantocci di stoffa, materia che adopera da sempre plasticamente per convertire in una consistenza morbida sia la sfera onirica sia il reale. Appaiono meno rassicuranti che in passato questi manufatti tessili, caricati di una patina noir nei pizzi tagliati in forma di gambe e appesi, ciondolanti al pari delle mani, modellate in tessuti velati che lasciano intravedere trucioli di imbottitura colorata. Fatti di una pelle trasparente che ne mette a nudo l’intimità, i pupazzi sono predisposti per essere scomposti e assemblati in nuovi ordini, accostati ad altro, fotografie o collage come in un racconto in progress, reinventato di volta in volta nelle possibili infinite disposizioni delle parti. Unico punto fermo la mirror ball (palla da discoteca anni ’70) colpita tutti i giorni alla stessa ora da un raggio di sole che riflette e spande la luce multicolor dall’armadio alla stanza, in un rassicurante rituale quotidiano. Epifania del fuori che irrompe nel claustrofobico equilibrio casalingo.