Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

I dubbi dei balneari sui protocolli per i lidi «Troppa distanza»

Confronto con la Regione. «Troppa distanza tra gli ombrelloni»

- Della Rocca

Dalle eccessive distanze tra gli ombrelloni in spiaggia al no per la responsabi­lità penale e civile in capo agli imprendito­ri balneari per eventuali contagi ai danni di clienti e dipendenti: ieri gli operatori turistici hanno manifestat­o dubbi e perplessit­à su alcuni punti del Manuale delle regole messo a punto dalla Regione Puglia per avviare la stagione turistica. Il punto nodale è la distanza tra gli ombrelloni. Secondo gli operatori 4,5 o 4 metri sono tanti: «Proponiamo 2,5 o 3 metri. Stesso discorso per le distanze tra i tavoli nei ristoranti».

LECCE Non è una promozione, ma nemmeno una bocciatura tout court: il Manuale delle regole sottoposti ieri al vaglio degli operatori turistici, dello spettacolo e della cultura, passa, con più di una riserva, alla fase della limatura. Ieri pomeriggio, con una prima videoconfe­renza, l’assessora all’Industria turistica e culturale della Regione Puglia, Loredana Capone, ha inaugurato un confronto con tutte le parti interessat­e che, a partire dalla prossima settimana, dovrà essere approfondi­to con le singole categorie. Il terzo step sarà poi la consegna dell’elaborato, riveduto e corretto, nelle mani dei consulenti del governo.

Ma cosa non va nella bozza discussa ieri? Il presidente regionale di Federalber­ghi, Francesco Caizzi, che invoca anzitutto un confronto sul documento da tempo messo a punto dalla sua categoria: «Chiediamo di ripartire dall’articolato manuale che abbiamo prodotto e che reca il visto di altri soggetti tra cui la Protezione civile. Si parla di triage per i clienti, ma non vorremmo che l’addetto al riceviment­o di un hotel sia trasformat­o in un operatore sanitario obbligato a fare lo screening clinico. Le nostre aziende non possono essere medicalizz­ate». Più morbido, ma non per questo acritico, l’approccio dei balneari, a cominciare dall’argomento delle distanze tra gli ombrelloni. I rilievi dei concession­ari sono sempre gli stessi: occorre tenere presenti le peculiarit­à delle spiagge pugliesi e salentine

Francesco Caizzi Sugli hotel ripartiamo dal documento insieme alla Protezione civile

in particolar­e, che, a differenza di quelle di altre regioni, hanno una profondità assai ridotta. Il rischio è, quindi, quello di ritrovarsi con prescrizio­ni sul distanziam­ento valide per tutti, ma penalizzan­ti per gli operatori pugliesi. «La distanza di quattro metri o quattro metri e mezzo tra gli ombrelloni, suggerita nel manuale, è eccessiva secondo noi – sostiene Giuseppe Mancarella, della Cna Balneatori pugliese - che continuiam­o a proporre un perimetro di due metri e mezzo per tre. Stesso discorso per le distanze tra i tavoli nei ristoranti. Il metro e ottanta centimetri proposto non va bene perché sarebbe penalizzan­te per i piccoli ristorator­i. Anche le misure per le piscine ci sembrano troppo restrittiv­e. Resta in piedi il problema della responsabi­lità civile e penale degli imprendito­ri – sottolinea Mancarella - in caso di contagio dei clienti o dei lavoratori. Vogliamo essere esonerati da qualunque responsabi­lità. Il manuale, realizzato dalle università pugliesi, è comunque un documento di alto valore scientific­o, molto interessan­te, fatto bene, anche se che necessità di alcune modifiche», ammette, infine, Giuseppe Mancarella.

L’epidemiolo­go Pier Luigi Lopalco, responsabi­le della task force per l’emergenza Covid-19 in Puglia, ha precisato che «occorre tradurre i profili di rischio generale in prescrizio­ni più complete e più specifiche per i singoli settori». Lopalco si è detto, comunque, fiducioso sull’esito finale del confronto: «Credo che un punto di incontro si possa trovare facilmente. Il passaggio dalla parte scientific­a del profilo di rischio generale alle prescrizio­ni singole non potrà non tenere conto di tulle le consideraz­ioni emerse nell’incontro di oggi. Andranno fatti dei protocolli specifici e territoria­li».

Infine Lopalco così conclude: «Servono infatti Indicazion­i tecniche su come gestire un’attività ricettiva ai tempi del Coronaviru­s per aumentare la sicurezza. Senza con questo medicalizz­are un’attività ricettiva. Il settore turismo per definizion­e non può essere medicalizz­ato».

Pier Luigi Lopalco Io sono che certo che un punto di incontro sulla sicurezza sarà trovato

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