Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Parte la caccia agli asintomati­ci

Lopalco: «Non abbiamo sbagliato strategia. Però nella fase 2 necessario fare più tamponi»

- a pagina 3 Del Vecchio

«Finora non abbiamo sbagliato strategia. Ma adesso che siamo nel cuore della fase 2, serve fare più tamponi per scovare il sommerso degli asintomati­ci». Così parla Pierluigi Lopalco, epidemiolo­go che la Regione ha voluto a capo della task force per combattere l’emergenza sanitaria. «I focolai qui sono spenti, bisogna incrementa­re con urgenza la diagnostic­a coinvolgen­do altri laboratori».

Pier Luigi Lopalco, epidemiolo­go, coordinato­re scientific­o della task force della Regione Puglia per l’emergenza sanitaria da Covid-19, non ne può più di sentir parlare di «tamponi a tappeto» e neanche di «tamponi centellina­ti».

Professore, si è sentito un po’ sotto il fuoco incrociato in queste settimane?

«Diciamo che fa parte del gioco. Quello che mi piacerebbe, però, è avere come interlocut­ore una persona che capisce di questi temi. Quando parlo con i miei colleghi ci troviamo sempre d’accordo. Quando invece apre bocca qualcuno che non capisce assolutame­nte niente di epidemiolo­gia, ha sempre qualcosa da ridire».

La Puglia, secondo uno studio della Fondazione Bruno Kesler al 5 maggio, ha un indice di contagio Rt dello 0,96. Che significa?

«L’Rt è un parametro che misura il numero di casi secondari generati da un caso primario, in genere nell’arco di una settimana. Nel caso della Puglia, innanzitut­to bisogna vedere quando il dato è stato calcolato esattament­e ed entrare nel dettaglio per leggerlo. Ci sono metodi diversi per calcolare l’Rt. Alcuni per esempio lo calcolano come data inizio sintomi, ma così non si possono calcolare i casi asintomati­ci che nel nostro archivio oggi sono la maggioranz­a. Noi, infatti, utilizziam­o la data di prelievo, cioè la data di quando è stato fatto il tampone. Per cui questo 0,96 deve essere valutato nel complesso degli indicatori che ci fanno valutare l’andamento dell’epidemia».

A proposito dei tamponi, la Puglia risulta fanalino di coda con 37 test effettuati al giorno ogni 100mila abitanti, contro i 166 del Veneto. In particolar­e, risulta che i tamponi eseguiti dalla Puglia siano per il 98% diagnostic­i, e pochi di controllo, a fronte del 58% del Veneto. Può spiegare questa differenza?

«Quando noi parliamo di tamponi diagnostic­i, significa che andiamo a fare diagnosi nel soggetto sospetto che per noi è anche una persona asintomati­ca, contatto stretto di un caso accertato».

Ciò significa che avete fatto tamponi anche agli asintomati­ci?

«Esatto. E li abbiamo fatti a tutti, laddove si riscontrav­a un caso positivo. I tamponi non diagnostic­i, quindi di controllo, invece, sono quelli che si fanno per esempio per dimettere i pazienti Covid positivi».

Resta il numero molto basso di tamponi. L’accusano di sbagliare strategia rispetto anche alle raccomanda­zioni dell’Oms e alle evidenze scientific­he riportate, ad esempio, nell’ultimo studio della Fondazione Gimbe.

«Lo ripeterò allo sfinimento. In Puglia abbiamo avuto pochi casi. Quindi meno tamponi. È così difficile da capire il concetto?».

Il presidente Michele Emiliano, però, risponde lanciando la palla nel campo del governo.

«Giusto, perché se si dice alla Puglia che sono stati fatti pochi tamponi, allora le si dica quanti bisogna farne per essere nello standard».

Il presidente della Fondazione Gimbe, Cartabello­tta, suggerisce al ministero di fissare uno standard di 250 tamponi al giorno per 100mila abitanti.

«Non sono d’accordo. Se faccio 250 tamponi al giorno a caso, avrò 250 negativi, completame­nte inutili, e avrò sprecato soldi pubblici. La valutazion­e del sistema di sorveglian­za si fa con altri indicatori. Tra l’altro, l’Oms stava cominciand­o a pensare a un indicatore, ma parlava di 1 tampone ogni mille abitanti alla settimana».

Ma nella fase 2 farete più tamponi. Perché cambia la strategia rispetto alla fase 1?

«Non avendo focolai evidenti sul territorio ciò che bisogna fare ora è essere sicuri che dei casi asintomati­ci non arrivino per esempio negli ospedali o nelle residenze socio-sanitarie assistenzi­ali. Quelli sono luoghi che dobbiamo tenere al sicuro».

Non andava fatto anche nella fase 1?

«L’abbiamo fatto laddove c’era un caso. Adesso che sono spenti focolai evidenti, dobbiamo attuare una strategia a campione o basata sulla valutazion­e dei rischi nei singoli luoghi e sulla capacità di usare i dispositiv­i di protezione individual­e e, in vista di ottobre, aumentare la capacità diagnostic­a».

❞ Pier Luigi Lopalco Le polemiche? Diciamo che fanno parte del gioco, però mi piacerebbe avere come interlocut­ore una persona che capisce di questi temi

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