Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Da invisibili a regolari Ma sulla sanatoria imprendito­ri divisi

La sanatoria ha un fortissimo impatto sul settore Se il patron di Op Mediterran­eo applaude Confindust­ria salentina vede rischi di dequalific­azione

- Di Rosanna Lampugnani

La regolarizz­azione dei lavoratori delle campagne, voluta dal governo in coincidenz­a dell’emergenza coronaviru­s, trova d’accordo i sindacati ma divide gli imprendito­ri pugliesi del settore agricolo. Confindust­ria Salento, per esempio, vede rischi di dequalific­azione.

Oscar Farinetti, il patron di Eataly, si chiede: coloro che comprano un barattolo di pelati a 0,45 centesimi sanno di essere complici di chi sfrutta i braccianti per mantenere quei prezzi? È il tema del lavoro nero e sommerso nelle campagne italiane, affrontato dall’ultimo decreto Rilancio che si occupa di tutti gli «invisibili», come li ha definiti la ministra Teresa Bellanova, cioè badanti, edili e braccianti, i quali, secondo l’anagrafe recentemen­te aggiornata da Flai Cgil, in Puglia sono 173.220, di cui 38.000 stranieri regolari, mentre gli irregolari - censiti dal «sindacato di strada» della Flai - sarebbero 25 mila, cifra «al ribasso» secondo il segretario del sindacato Antonio Gagliardi.

In pillole il decreto da un lato vuol favorire l’emersione del lavoro nero, italiano e straniero, pagando 400 euro per bracciante, a cui successiva­mente si aggiungerà una somma per sanare pendenze fiscali. Dall’altro si consente agli stranieri con il permesso di soggiorno scaduto entro il 31 ottobre scorso di chiedere una proroga di sei mesi, usufruendo di un contributo di 160 euro. Da queste misure sono esclusi gli imprendito­ri che hanno condanne per favoreggia­mento del caporalato e gli immigrati che hanno commesso vari reati; gli imprendito­ri con pendenze fiscali e gli immigrati con precedenti sugli ingressi in Italia avranno il beneficio dell’immunità.

Tutto bene, dunque? Le organizzaz­ioni imprendito­riali, secondo cui il decreto avrà effetti solo a settembre, avrebbero preferito l’uso di voucher, bocciato dal sindacato perché non offrirebbe reali tutele, essendo utile solo per il lavoro occasional­e (cosa diversa da quello stagionale), già utilizzato per disoccupat­i e pensionati. Ma ci sono dei distinguo. Marco Nicastro, ex presidente dei produttori Confagrico­ltura

Antonio Gagliardi Non ci sono controlli, e infatti il 51% delle imprese ha problemi con il fisco

di pomodoro da industria e presidente dell’Op Mediterran­eo, afferma che «in base alla mia esperienza regolarizz­are gli immigrati con esperienza di lavoro e con il permesso scaduto è una decisione giusta, sana e dignitosa. Io ho investito nella formazione di lavoro e dei miei braccianti mi fido, ma perché non prolungare la sanatoria fino al 31 dicembre?». Era questo l’obiettivo di Bellanova, bocciato dai 5Stelle.

Nicastro quindi aggiunge: «I caporali esistono eccome, anche i lavoratori italiani regolari sono costretti a sottostare ai loro diktat per i viaggi. È importante incrociare domanda e offerta di lavoro: un tempo ci si rivolgeva agli uffici di collocamen­to, oggi noi abbiamo dovuto inventarci la piattaform­a Agrijob».

Lavoro nero? «Una leggenda metropolit­ana», secondo il direttore di Confagrico­ltura Lecce e Brindisi. «I nostri - precisa Adriano Abate - sono imprendito­ri in chiaro. Quanto ai caporali, bulgari, ivoriani, rumeni, si occupano delle campagne di acinino, non delle nostre angurie. Infatti è improprio parlare a Nardò di sfruttati, perché i braccianti fanno due giornate in una, in condizioni migliorate da quando il sindaco in estate ha vietato il lavoro nei campi tra le 12 e le 16. Invece sono le onlus che inondano le nostre campagne di manodopera non profession­ale».

In realtà Nardò il caporalato lo conosce bene, qui è stato celebrato il primo processo con sanzioni penali contro caporali e imprendito­ri compiacent­i.

Quanto allo sfruttamen­to dei braccianti - aggiunge Gagliardi - si è arrivati a pagare 1 centesimo per ogni anguria raccolta, 10 centesimi per Bins, i contenitor­i da 300 Kg di prodotto, che si riempiono in 15 minuti di lavoro, per 3 euro l’ora. Questo è quanto guadagnano anche i raccoglito­ri di pomodori nel foggiano: per un 1 Bins ci vuole un’ora e al termine della giornata di 10-12 ore di lavoro il salario arriva a 35 euro, di cui 10 servono a pagare il panino, l’acqua e il trasporto imposti dal caporale. Invece i contratti ufficiali prevedono mediamente salari di 8 euro e mezzo per ognuna delle 6 ore e mezzo di lavoro, per un totale di circa 55 euro, di cui quasi sempre 10 vanno al caporale per il trasporto: «Dovrebbe essere l’imprendito­re a fornire il servizio», ricorda il sindacalis­ta, il quale aggiunge: «Non ci sono controlli reali, lo Stato, nei suoi diversi gangli, dovrebbe occuparsi di questa piaga immonda. Per capire i risvolti economici di questa vergogna - conclude Gagliardi - basta dire che il 51% delle imprese agricole italiane ha problemi con il fisco e nella zona di Nardò il volume di affari annuale, solo per le angurie, raggiunge i 10 milioni».

Marco Nicastro Regolarizz­are gli immigrati è giusto Lo dico da imprendito­re

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L’imprendito­re Marco Nicastro
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