Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Sicurezza e nuova dignità Via alla «fase 2» dell’arte
Sarà necessario rafforzare la spina dorsale delle micro-realtà Il post-pandemia potrà essere un valido alibi per gli enti locali per scrollarsi di dosso l’onere del finanziamento della cultura
Con un appello di Alessio Viola abbiamo chiamato a raccolta scrittori e intellettuali: lo scopo è capire come sta cambiando la nostra vita al tempo del coronavirus, offrendo ai lettori spunti e riflessioni che aiutino a passare la nottata. Oggi vi proponiamo un contributo di Giusy Caroppo, storico dell’arte. Chi vuole, può mandare il suo testo all’e-mail redaz.ba@corrieredelmezzogiorno.it.
Che la pandemia abbia avuto anche un effetto collaterale positivo, è indubbio: società e politica hanno preso coscienza che cultura e spettacolo sono «lavoro»: partite iva in carne ed ossa, dalle striminzite consulenze a tempo, e una moltitudine di precari, lavoratori intermittenti se non a nero, sottopagati dal sistema pubblico e privato, volontari per forza maggiore. Nell’immaginario collettivo, rientrano nell’ibrida categoria del radical chic o nella sottospecie dell’amatoriale e dell’intrattenimento; non curanti del peso del Bes, il benessere psicofisico nella vita sociale, e del Pil giacché - insieme al turismo - rappresentano una buona fetta dell’economia del Paese. Ma c’è voluto l’appassionato monologo televisivo di Stefano Massini, generatore virale dell’hashtag #nonsonoinutile, a far scoprire all’opinione pubblica l’esistenza di queste professioni dalla fragilità congenita che chiedono dignità: nessun ammortizzatore, tutela ne albi, tutt’al più un codice attività - il famigerato Ateco - e prospettive di avanzamento di carriera solo nel sistema pubblico.
Un mondo fragile, a cui il lockdown ha dato la stangata finale anche in Puglia: la recente ricerca, realizzata dal «Distretto Produttivo Puglia Creativa», associazione che raggruppa gran parte degli operatori delle imprese culturali e creative, ha messo in luce il danno inflitto dalla chiusura improvvisa dei luoghi della cultura e l’annullamento delle iniziative programmate - circa 4.000 appuntamenti tra spettacoli di teatro, danza e musica, laboratori e workshop, visite guidate, tour e prenotazioni, contratti di fornitura o di prestazione di servizi - con la perdita di quasi 40.000 ore di lavoro e un’onda d’urto per editoria, design, artigianato artistico, audiovisivo, agenzie di comunicazione, architettura e corsi di formazione. Sui bilanci in difficoltà, incombe anche l’attesa di rimborsi per milioni di euro: la Regione Puglia sta già cercando di mettervi argine col recente Piano straordinario per la Cultura e lo Spettacolo «Custodiamo la Cultura in Puglia» e il Distretto ha lanciato una campagna di crowdfunding per i soci maggiormente penalizzati. Un dramma che rispecchia, con un tragico moltiplicatore, quella nazionale, dove la crisi del turismo sembra portarsi dietro le sorti della cultura, e non viceversa, e della sua moltitudine di lavoratori e di indotto, su cui si regge la produzione culturale e artistica. E lo scopriamo alla vigilia dell’apertura dei musei, nella fantomatica «Fase 2», il 18 maggio.
Apriranno certamente i musei dei grandi numeri, quelli che hanno fatto a gara col «conta-visitatori» e che ora lamentano la necessità di un piano di sostenibilità alternativo come paracadute; sicuramente, rimarrà alla griglia di partenza quell’humus variegato e attivissimo delle piccole imprese e realtà territoriali; amplificando la dicotomia tra una fortunata cultura di Stato – un po’ imprenditore e un po’ mecenate – e un microcosmo in affanno, allattato del «bandismo», neologismo sarcastico lanciato dal noto manager culturale Ledo Prato.
E si rischia che, tra sciatta overdose di virtuale gratuito e assenza di programmazione strategica, sarà proprio la produzione contemporanea a restare relegata al concetto di «superfluo» e il post-pandemia potrà rappresentare un valido alibi per gli enti locali, per scrollarsi di dosso l’onere - ma strumento clientelare, all’occasione – del finanziamento pubblico di festival, mostre, convegni.
Alla luce di questa disamina, sarà necessario anche in Puglia - più che incentivare la dematerializzazione e il digital first - rafforzare la spina dorsale di queste micro-realtà e riorganizzare il ritorno all’esperienza dal vivo e collettiva. Ecco perché diventa sempre più urgente un chiaro protocollo per la ripartenza. Ma come? Sempre il Distretto ha messo a punto un documento di indirizzo multidisciplinare - che vede anche un mio contributo di know-how per gli aspetti relativi alla produzione di mostre, riapertura dei musei e altri luoghi della cultura e creatività, come i laboratori urbani, particolarmente penalizzati dall’obbligo del distanziamento sociale - che permetterebbe di ripartire in massima sicurezza ed attualmente al vaglio dell’Assessorato regionale all’Industria Turistica e Culturale. Un vademecum stringente che, in linea con i protocolli nazionali per le norme generali, le piega alle esigenze delle esposizioni temporanee e attività itineranti, al comportamento di staff e visitatori, distinguendo tra mostre di grande richiamo, grandi attrattori e piccoli eventi culturali; come avviene per il turismo di prossimità, consiglia il coinvolgimento di artisti locali e allestimento di mostre outdoor, nello spazio urbano, in siti archeologici e parchi protetti.
Il documento offre spunti creativi - la visual identity può essere sfruttata per personalizzare i dispositivi di protezione - pone attenzione a formule specifiche per utenti con disabilità sensoriali - dall’uso di guanti speciali per la manipolazione, all’adozione di mascherine provviste di oblò suggerisce la progettazione di forme di fruizione virtuale e immersiva, in vista di eventuali chiusure improvvise, per la visione in remoto dell’arte contemporanea che ha necessità di un rapporto diretto con lo spazio fisico. Una serie di norme che vanno ad incrociare il tavolo tecnico tra gli assessori di importanti capoluoghi italiani, tra cui Bari, fondamentale tassello a favore delle urgenti politiche per la ripresa.
Sono premesse che spingono la Puglia, per il suo patrimonio diffuso, le rodate esperienze di valorizzazione e questa consapevole regolamentazione, a farsi laboratorio, in anteprima nazionale, di un innovativo restart della cultura e dell’arte. Proviamoci!