Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Il giudice Capristo ai domiciliari
Il procuratore di Taranto denunciato da una pm di Trani: pressioni nelle indagini
Il procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo, è finito agli arresti domiciliari insieme a un poliziotto e tre imprenditori nell’ambito di un’inchiesta che riguarda il periodo in cui era alla guida della Procura di Trani. Per l’accusa avrebbe tentato di condizionare le indagini.
POTENZA Aveva deciso di fare leva su un sentimento nobile: l’amore. Così voleva piegare il volere di un giovane magistrato della procura di Trani, Silvia Curione. Aveva fatto capire che se non avesse fatto ciò che le era stato chiesto, le conseguenze peggiori le avrebbe subite suo marito, che all’epoca, era gennaio 2018, lavorava come sostituto procuratore a Taranto. Lei doveva chiedere l’imputazione per un uomo accusato di essere un usuraio da tre fratelli di Bitonto, aiutandoli così ad ottenere il dissequestro di alcuni immobili e la cancellazione delle cambiali. Ma era una calunnia e i tre imprenditori erano gli amici del procuratore capo di Taranto, Carlo Maria Capristo. Il 16 aprile del 2018 nell’ufficio del pm entrò l’agente di scorta del procuratore, Michele Scivittaro, che senza troppe allusioni le fece capire che era meglio collaborare. Ma lei pochi minuti dopo scrisse un messaggio al suo procuratore, Antonino Maria Di Maio (ora trasferito a Roma), che però minimizzò e anzi, più tardi chiese di archiviare le accuse mosse contro Capristo. Ma la Procura generale di Bari non solo mise le mani su quel fascicolo ma lo spedì a Potenza, competente per le inchieste sui magistrati pugliesi.
Ieri la tempesta si è abbattuta con cinque arresti e un indagato a piede libero, e c’è l’ipotesi che sia solo la punta di un iceberg che nasconda sotto una cricca «capace di interferire nella vita della giustizia», come scrive il gip Antonello Amodeo, in un’ordinanza di 200 pagine, 60 delle quali sono capi di imputazione.
I capi di imputazione
Il reato più grave contestato al procuratore di Taranto è di corruzione e tentata induzione indebita a dare o promettere utilità, falso e truffa. L’ordinanza è stata eseguita dalla guardia di finanza e dalla Squadra mobile di Potenza. Ai domiciliari c’è il procuratore capo di Taranto Carlo Maria Capristo (ex capo della procura di Trani), l’ispettore di polizia Michele Scivittaro, in servizio presso la Procura di Taranto (e parte della scorta di Capristo) e tre imprenditori di Bitonto, i fratelli Giuseppe, Cosimo e Gaetano Mancazzo. Tra gli indagati, inoltre, anche il magistrato Antonio Di Maio, successore di Capristo a Trani accusato di abuso d’ufficio e favoreggiamento personale. Contestualmente sono state effettuate anche perquisizioni nelle case degli indagati e anche nell’abitazione del procuratore Di Maio e nelle sedi delle Procure. Anche per Di Maio c’era una richiesta di misura: il divieto di dimora in Puglia che è stata revocata dagli inquirenti proprio perché da febbraio il magistrato è in servizio a Roma.
Le gite del poliziotto
C’è un altro reato che contesta il gip a Capristo e Scivittaro ed è la truffa. Secondo l’accusa, anziché lavorare in procura o per il suo ufficio, andava in giro - tra Andria, Giovinazzo, Bari - a farsi gli affari suoi o a sbrigare faccende d’interesse del procuratore. Tantissime giornate di lavoro extra che però venivano pagate come lavoro straordinario dallo Stato perché il procuratore provvedeva a firmare gli statini dei servizio dell’agente: tutto questo dal gennaio 2018 a oggi, come si legge nel capo di imputazione.
La denuncia del pm
Nell’ordinanza di custodia cautelare viene riportata integralmente la relazione riservata redatta dal sostituto procuratore Silvia Curione il 24 luglio del 2018 e inviata al suo capo ufficio, Di Maio, per raccontargli dell’accaduto. «Il 16 aprile 2018 sì è presentato nel mio ufficio Michele Scivittaro, agente della polizia di Stato che a Trani collaborava con Capristo, con cui tuttora collabora presso la Procura di Taranto. Io l’ho fatto accomodare proprio perché conosciuto in quanto tale. Io mi limitavo a riferire al predetto che avrei prontamente definito il fascicolo e che se i denuncianti avessero inteso chiedere il sequestro di effetti cambiari, avrebbero dovuto depositare apposita istanza».