Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
La cricca dei «fedelissimi» «Siamo come un club e qui comandiamo noi»
POTENZA Il magistrato Carlo Maria Capristo era soprannominato il «maestro». Gli imprenditori Giuseppe, Cosimo e Nino Mancazzo sapevano che l’unico modo per poter entrare all’interno del sistema era affidarsi a «Capri». Perché erano tutti parte «di un club», erano i «fedelissimi» che «ancora comandavano a Trani». È stato il pm Silvia Curione, vittima delle minacce di Capristo, ad ascoltare le intercettazioni telefoniche dei fratelli sui quali indagava e per i quali il magistrato arrestato aveva chiesto «un piacere». Decine e decine di pagine di telefonate nella quali i tre commentavano le conversazioni che avevano intrattenuto poco prima con Capristo o con il suo agente di scorta, e fedelissimo, Michele Scivittaro. Si rivolgevano al pm con il vezzeggiativo «la mia bambina», perché era così che il procuratore di Taranto finito ai domiciliari, parlava di lei, per far intendere che era «cosa sua».
Giuseppe: «Che hai fatto oggi?».
Gaetano: «Ho parlato la».
Giuseppe: «Con la bambina la?».
Gaetano: «Si».
Giuseppe: «Tutto a posto?»
Gaetano: «Il bambino la, sta tutto a vedere, tutti gli alberi come stanno messi e tutte le cose».
La pm Quando parlavano di lei la chiamavano «la bambina»
Indagini Il gip di Potenza scrive: non tutti sono stati individuati
Il 21 aprile del 2018 c’è la richiesta di archiviazione del pel procedimento per usura a carico chiesta da Curione nonostante la visita dell’agente Scivittaro.
Cosimo: «Ti sei trovato con il maestro?».
Giuseppe: «Sì, mi sono trovato con lui e ci si è rimasto male. Ha detto lunedì provvedo io».
Cosimo: «Eh!».
Giuseppe: «A parlare con il maestro».
Cosimo: «E dato che comunque ti disse conosco io, conosco io».
Il centro di potere
Particolarmente significativa è la conversazione tra un funzionario di cancelleria già in servizio a Trani e Gaetano Mancazzo. Emerge, secondo il gip, l’esistenza di un centro di potere a Trani di «fedelissimi», che include pubblici ufficiali e soggetti privati, tra cui Gaetano Mancazzo, «uno del club», legati a Capristo, capace non solo di influenzare le scelte di quella Procura, ma anche di coinvolgere altre istituzioni negli affari illeciti. In una conversazione dei fratelli, parlavano di Trani come un oggetto: «È nostra, comandiamo noi».