Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Minafra e suoi «Lost Tapes» Storie di artisti dimenticati
Il cd sul musicista ruvese apre «Lost Tapes», una collana curata da Livio Minafra
Enzo Lorusso deve avere avuto anche lui qualche scappellotto. Solitamente arrivava dai musicisti più anziani, i «gloriosi». Se continuavi a sbagliare, uno scapaccione non te lo toglieva nessuno. Metodi vecchia maniera, oggi considerati non proprio ortodossi. Ma alla fine imparavi. Le bande erano (e sono) una palestra, scuole popolari di musica, nelle quali si suonava (e si suona) tanto repertorio operistico. Poi, qualcuno s’innamorava del jazz. Proprio come capitò nel dopoguerra a Enzo Lorusso, che alla fine degli anni Cinquanta arrivò a esibirsi nell’orchestra del re del mambo, Perez Prado. Lorusso era stato clarinettista della Banda di Ruvo di Puglia, formazione diventata oggetto di culto negli anni Novanta con la sua riscoperta da parte del trombettista jazz Pino Minafra, anche lui cresciuto musicalmente tra quelle fila, benché molti anni dopo.
Nel 1994 Minafra aveva da poco fondato il laboratorio jazz Talos Festival quando arrivò l’omaggio discografico con la nuova Banda di Ruvo alle marce della Settimana Santa dei fratelli Antonio e Alessandro Amenduni, indimenticati maestri di quella straordinaria esperienza musicale: un progetto per trovare punti di continuità tra jazz e tradizione bandistica. Ora il figlio di Pino, Livio Minafra, pianista jazz di riconosciuto talento e con una passione per l’archeologia musicale, ha deciso di far rivivere le registrazioni di alcuni dimenticati jazzisti ruvesi cresciuti nella stessa banda frequentata dal padre e rivalorizzata in anni più recenti. E le ha raccolte nel progetto discografico Lost Tapes, un ciclo che si apre con un cd biografico (realizzato in coproduzione con l’etichetta Angapp Music) dedicato proprio a Enzo Lorusso, in uscita il 4 giugno, nel giorno del compleanno dell’artista, nato nel 1931 e scomparso a soli cinquantaquattro anni.
Influenzato dal compagno di banda, Santino Tedone, altro musicista ruvese presente nel ciclo di uscite Lost Tapes, Lorusso imparò a suonare il sax contralto e baritono. E dopo gli anni di Ruvo, iniziò a girare l’Italia e l’Europa al seguito di alcuni artisti di musica leggera e orchestrine swing. Suonò con Henghel Gualdi, considerato tra i migliori clarinettisti jazz italiani del dopoguerra, ma anche per Fred Bongusto, Mina e per l’orchestra di Pippo Caruso, oltre che per la formazione di Perez Prado, con la quale rimase in tournée per due anni, tra il 1957 e il 1958. «Mi emoziona il pensiero di essere riuscito a mettere insieme i cocci della sua vita», racconta Livio Misbarcò nafra, che ha scoperto Lorusso attraverso alcune registrazioni effettuate da Peppino Valls durante una serie di prove in teatro dell’Orchestra di Mimì Laganara, il fisarmonicista di Bisceglie che ne 1956
anche in Rai.
Tra i pezzi presenti nel cd si possono ascoltare diversi classici: Capricious di Gerry Mulligan, A Night in Tunisia di Dizzy Gillespie, In a sentimental mood di Duke Ellington
e At the Woodchopper’s Ball di Joe Bishop e Woody Herman. Il disco include anche Um bahiano a Paris di Jose´ Franca e Daniel Marechal, ma in trio, e altri cinque pezzi dalla «verve mingusiana», assicura Minafra junior. A completare il cd, due improvvisazioni jazz (le uniche in circolazione, pare) di Michele Marvulli, il capostipite della scuola pianistica pugliese immortalato anche in Iazz Bann, il docu-film del 2017 di Salvatore Magrone e Lorenzo Zitoli dal quale Livio Minafra ha preso spunto per il ciclo Lost Tapes. Un video ricco di testimonianze sulle storie dimenticate di jazzisti che girarono il mondo e che, con grande orgoglio, Beppe Vessicchio definisce nel suo ricordo «musicisti ambulanti, come tutti i musicisti».