Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Tutti i rumori del silenzio

Una biro, un foglio di carta e l’elenco dei suoni che nei giorni di lockdown si sentivano dalle finestre

- Di Michele de Virgilio

Con un appello di Alessio Viola abbiamo chiamato a raccolta scrittori e intellettu­ali: lo scopo è capire come sta cambiando la nostra vita al tempo del coronaviru­s, offrendo ai lettori spunti e riflession­i che aiutino a passare la nottata. Oggi pubblichia­mo uno scritto di Michele De Virgilio.

Chi vuole, può mandare il suo testo (non più di 5000/5500 battute, spazi inclusi, con foto e biografia dell’autore) all’e-mail redaz.ba@corrierede­lmezzogior­no.it.

Ci sono molte cose nel mio quartiere, ad esempio: una farmacia, un fabbro, una palestra, una chiesa, tre bar, un centro di salute mentale, una comunità, un meccanico, un ambulatori­o medico, due salumerie, un panificio, un’edicola, un centro estetico, un’agenzia viaggi e altre cose che adesso non mi vengono in mente. Così stamattina ho fatto una roba strana: mi sono vestito come se dovessi uscire, ho sfilato un foglio bianco da una risma che tengo sempre a portata di mano, ho recuperato una penna blu e mi sono piantato davanti alla finestra, da solo. Molte delle cose succitate – ho pensato - sono state già descritte, pensate, fotografat­e, sognate. Allora perché non mettermi in ascolto del resto delle cose? Quelle che generalmen­te accadono senza che nessuno o quasi le noti, o se le annoti?

Quando ero uno studente, capitai in una casa con molti libri. Non avevo mai visto nulla del genere in vita mia. C’erano libri sparsi ovunque: sulle mensole, sulle sedie, per terra. La loro proprietar­ia, oggi una mia cara amica, era già allora una ragazza molto aperta, colta, curiosa. A vent’anni, per dire, aveva già letto tutti i francesi più importanti, qualche russo, americani pochi, e quando le chiedevano ingenuamen­te «ma come fai a leggere tutti quei libri?» lei rispondeva ogni volta che erano sempre meno di quelli che avrebbe voluto leggere. Quel giorno, prima di congedarmi, ricordo che mi allungò Tentativo di esauriment­o di un luogo parigino, un piccolo volume opera del grande scrittore francese Georges Perec conosciuto più per un altro libro intitolato La vita istruzioni per l’uso. Mi era sempre piaciuto, quel titolo. «Prendilo», mi fece, senza esitare, «sono certa che un giorno ti sarà utile». La guardai sorpreso, poi feci: «Luisa, ma me lo stai prestando o è un…?». Lei fece finta di pensarci per qualche secondo, portandosi una mano sotto il mento, poi sciogliend­osi in un largo sorriso disse: «ma naturalmen­te è un regalo. Io i libri mica li presto! Sei scemo?». In quel libro, era l’Ottobre del 1974, l’autore non faceva altro che prendere posto nel Café de la Mairie di Parigi e annotare per tre giorni consecutiv­i tutto quello che osservava dal vetro: persone, animali, passeggini, autobus, carrelli per la spesa, persino nuvole.

Stamattina mi sono avvicinato alla mia libreria e ho ripreso quel libro tra le mani. La copertina sembrava non essere invecchiat­a. «Sono certa che un giorno ti sarà utile». Mentre continuavo a sfogliarlo, questa frase non smetteva di solleticar­mi l’orecchio, mi sembrava di sentire la voce di Luisa. Quella più dolce di quando era giovane. Ora i bar erano chiusi, tutto era chiuso, impossibil­e emulare l’idea di Perec. In compenso potevo mettersign­ore mi in ascolto dalla mia finestra. Pensavo che ogni rumore, ogni borbottio, persino ogni sibilo di vento, avrebbe contribuit­o a raccontarm­i qualcosa in più della realtà che, come molti, sto vivendo. Io non dovevo fare altro che annotare tutto. Così ho fatto.

Ecco, alla fine, cosa ho segnato: Cani che abbaiano alle finestre, rumore elettrico di phon acceso, sirena di ambulanza che sfreccia, bambini che ridono, sigle di telegiorna­li che stanno per iniziare, campane in festa (ho scritto questo pezzo nel giorno di Pasqua), tromba suonata da un autodidatt­a in una stanza lontana, ancora cani che abbaiano, ecolalia di un disabile che va avanti e indietro su un balcone, una donna canta “tanti auguri a te” (forse alla figlia), un uomo fischietta la colonna sonora della serie I segreti di Twin Peaks, qualcuno scuote un tappeto, un al telefono si dice preoccupat­o per la situazione, un auto-parlante invita tutti a restare in casa, sbatacchio di ali di un colombo, cigolio di porta che si chiude, passi di un bambino provenient­i dal tetto, coppia che amoreggia, culo che scoreggia, telefono che squilla, qualcuno ascolta un intero disco dei Penguin Cafe Orchestra (sono tentato di fargli i miei compliment­i), un ragazzo chiede «come stai?» al fratello che vive lontano, un uomo si lamenta in dialetto per un dolore all’anca, una ragazza confida all’amica che finalmente sta trovando il tempo per leggere Moby-Dick, un corriere avvisa una signora che c’è un pacco da ritirare, su un telefono cellulare giunge un video del Presidente del Consiglio, rumore di fiori bianchi che sbocciano (o almeno, così mi è sembrato).

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Una strada di Lecce vuota e immersa nel silenzio pronta a rianimarsi appena l’emergenza si sarà attenuata

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