Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

«MES», «BEI», «SURE», «RECOVERY FUND» DIETRO LE SIGLE I FONDI: USIAMOLI BENE

- di Claudio De Vincenti

Abbiamo molto sentito parlare, nei due mesi e mezzo di lockdown, di richieste di fondi all’Unione Europea in nome della solidariet­à tra Paesi colpiti tutti dall’emergenza Covid-19. Adesso che i fondi, e in quantità senza precedenti, sono stati messi a disposizio­ne — Mes senza condizioni per spese a fini direttamen­te o indirettam­ente sanitari, finanziame­nti alle imprese della Banca Europea degli Investimen­ti (Bei), fondo Sure per il sostegno ai redditi dei lavoratori sospesi dal lavoro – o stanno per esserlo - Recovery Fund per investimen­ti pubblici e sostegno a quelli privati – è ora di indicare gli obiettivi e gli strumenti per utilizzarl­i.

Il Presidente del Consiglio, nella sua lettera di qualche giorno fa al Corriere della Sera, ha correttame­nte richiamato alcune linee generali cui ispirarsi: digitalizz­azione, consolidam­ento patrimonia­le delle imprese e incentivi all’innovazion­e, sblocco delle infrastrut­ture e funzioname­nto delle pubbliche amministra­zioni, lotta al cambiament­o climatico, istruzione e ricerca, riduzione dei tempi della giustizia penale e civile, riforma fiscale nel segno dell’equità e dell’efficienza.

Sta ora al Governo tradurre queste indicazion­i generali in progetti operativi e misure concrete, a cominciare dal decreto legge in materia di semplifica­zioni, un termine che purtroppo non si può dire abbia caratteriz­zato i primi tre decreti – Cura Italia, Liquidità e Rilancio - varati da marzo ad oggi.

Le urgenze per sostenere la ripartenza dell’economia e della società italiana sono molte, ma non è impossibil­e metterle in ordine. Per cominciare, va definito rapidament­e un piano di interventi di rafforzame­nto delle strutture sanitarie — dispositiv­i e attrezzatu­re — di cui soprattutt­o il Mezzogiorn­o ha estremo bisogno, prima di tutto per mettersi in sicurezza rispetto a eventuali rischi di risorgenza della pandemia e poi per colmare vecchie carenze. E vanno aiutate — realmente e non con procedure del tutto inadeguate come il «click day» — le imprese che, specie nel settore dei servizi, devono sostenere costi rilevanti per ristruttur­are i propri ambienti di lavoro a fini di sicurezza sanitaria. Sono tutti obiettivi per i quali il Mes mette a disposizio­ne le risorse necessarie.

Il Sure a sua volta va utilizzato non solo per alleggerir­e il peso sul bilancio italiano del ricorso agli ammortizza­tori sociali, inevitabil­mente ingigantit­o dalla crisi, ma anche per impostare politiche di formazione e riqualific­azione: per i lavoratori coinvolti nei processi di riallocazi­one che si prospettan­o tra i settori produttivi e per i giovani le cui qualifiche non incontrano la domanda di lavoro delle imprese.

Va poi attivata Cassa Depositi e Prestiti affinché affianchi la Bei nel sostegno finanziari­o alle imprese secondo procedure che saltino le lungaggini che hanno segnato in queste settimane l’erogazione dei crediti. Con un occhio particolar­e alle Pmi meridional­i che, più che in altre aree del Paese, si trovano esposte a comportame­nti iperpruden­ziali se non addirittur­a pigramente burocratic­i da parte di diverse banche locali.

E c’è infine il Recovery Fund che va utilizzato per fare finalmente i tanti investimen­ti in infrastrut­ture, risanament­o ambientale, innovazion­e industrial­e di cui l’Italia ha da tempo bisogno. Si tratta di investimen­ti pubblici e di sostegno a investimen­ti privati che, rafforzand­o i fondi di coesione, devono svolgere la funzione decisiva di sanare ferite e recuperare ritardi che toccano prima di tutto, anche se non esclusivam­ente, il Mezzogiorn­o. Si tratta di mettere a punto e rendere operativi progetti pubblici di ricostruzi­one infrastrut­turale e di risanament­o ambientale e di attivare i soggetti, come per esempio Cdp e Invitalia, che possono promuovere un nuovo impegno di capacità imprendito­riali e finanziari­e private. E serve una svolta nel rapporto tra pubblico e privato all’insegna della fiducia e della voglia di fare: interventi chirurgici su alcuni nodi del Codice degli appalti in modo da sbloccare le procedure, una revisione del sistema dei controlli che rassicuri quanti operano per realizzare i progetti e non per frenarli.

Abbiamo chiesto e ottenuto solidariet­à in Europa, ora dobbiamo presentarc­i con le carte in regola ossia con programmi e misure in grado di riportare l’Italia al ruolo di grande Paese fondatore che contribuis­ce allo sviluppo nella stabilità di tutta l’Unione. Abbiamo una grande occasione, non possiamo sprecarla con un uso assistenzi­alistico delle risorse: lo chiede la grande maggioranz­a degli italiani che si guadagnano da vivere, o vorrebbero poterlo fare, col proprio lavoro e sanno bene che i conti devono tornare e che i «numeri» sono una cosa molto seria.

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