Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
I soldi dell’Obolo del Vaticano per speculareMorvillo sull’istituto
BARI I soldi dell’Obolo di San Pietro dovevano finire a finanziare una serie di operazioni segrete. Una era la sottoscrizione di un bond emesso dalla lussemburghese Time and Life Sa e l’acquisizione di azioni della Banca popolare di Bari per 30 milioni di euro. Eccolo il retroscena dell’indagine che due giorni fa che ha portato all’arresto di Gianluca Torzi, di professione broker, accusato di estorsione, peculato, truffa aggravata e autoriciclaggio. Reati contestati dal promotore di Giustizia Vaticano, per il caso della compravendita di un immobile a Londra. A Torzi vengono contestati vari episodi per i quali la legge vaticana prevede pene fino a dodici anni di reclusione. E tra le pieghe dell’inchiesta emergono una serie di particolari che collegano
Torzi anche alla Popolare di Bari così come ha rivelato in esclusiva l’agenzia AdnKronos. Tutto, dunque, ruota attorno al broker, intervenuto nell’affare per risolvere l’impasse della partecipazione della Santa Sede al fondo Athena e diventato poi, seria condo la procura vaticana, l’uomo in grado di tenere in pugno la Segreteria di Stato fino a riuscire a estorcerle 15 milioni di euro.
Nelle indagini dell’ufficio del Promotore Vaticano si ricostruisce l’escalation del rapporto tra Torzi e la segrete
di Stato a partire, tra l’altro, dalle dichiarazioni di Manuele Intendente, avvocato dello studio Ernst & Young, che poi sarebbe diventato interlocutore di Torzi per condurre la trattativa con la Santa Sede. Intendente avrebbe specificato a verbale come nel corso di una riunione in Vaticano alla presenza, tra gli altri, di monsignor Alberto Perlasca, (responsabile ufficio amministrativo della Segreteria di Stato) Torzi avrebbe chiesto se gli si potesse concedere formalmente un incarico di gestione dell’immobile, visto che fino a quel momento aveva operato a titolo gratuito. Aspettativa che però, secondo le indagini condotte dal Promotore Vaticano Gian Piero Milano e del suo aggiunto Alessandro Diddi, rimarrà delusa, ingenerando l’escalation, appunto, che poi porterà a quella che per la procura vaticana è a tutti gli effetti un’estorsione. La svolta nei rapporti - per quanto si ricostruisce incrociando più versioni - sarebbe arrivata nel corso di una riunione all’Hotel Bulgari di Milano: Tirabassi, responsabile dell’ufficio amministrativo della segreteria di Stato, ed Enrico Crasso, gestore delle finanze della Segreteria, avrebbero spiegato a Torzi di aver intenzione di proporre la cessione al Fondo Centurion delle quote di Gutt Sa, la società di cui l’imprenditore ha ceduto 30mila azioni senza diritto di voto al Vaticano (mantenendone 1000 con diritto di voto) e che gestisce l’immobile di Londra. In quel momento, sempre secondo quanto riferito da Intendente agli investigatori, Torzi, basito, avrebbe maturato l’idea dell’estorsione, ossia di condizionare la restituzione delle quote al versamento di un’ingente somma di denaro. Secondo la procura vaticana tuttavia, le ragioni del cambio di posizione di Torzi starebbero altrove, e cioè nell’impegno preso dall’imprenditore con il manager della Banca Popolare di Bari Vincenzo De Bustis di sottoscrivere un bond di 30 milioni di euro. Per gli inquirenti sarebbe quindi la mancata disponibilità del Vaticano a sottoscrivere il bond a scatenare la reazione di Torzi e la sua determinazione a non restituire le azioni della Gutt Sa se non a fronte di una cifra cospicua.