Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Regole anti-virus, Una giornata a spasso con Lopalco
Un viaggio (virtuale) con il noto scienziato fra locali e vie di Bari tra miti da sfatare e buone norme per evitare il rischio di contagio
Al bar tazzina tradizionale o monouso? Quando si esce di casa ascensore o scale? Quando andiamo a mangiare una pizza ci si può fidare di un pizzaiolo senza mascherina? E poi ancora: le confezioni del supermercato vanno disinfettate? Sono alcune delle domande a cui ha risposto il professor Pierluigi Lopalco nel corso di un tour (virtuale) per le vie di Bari con il Corriere. L’epidemiologo di fama internazionale che coordina la task force della Regione spiega le misure da adottare e smonta le bufale.
Dal bar alla passeggiata tra le vie dello shopping. Dall’ora dell’aperitivo alla breve tintarella al mare. Arrivando sino alla tappa finale, una serata in pizzeria. Abbiamo deciso di trascorrere un’ipotetica giornata tipo tra le vie e i locali di Bari con il professor Pierluigi Lopalco, l’epidemiologo responsabile del coordinamento emergenze epidemiologiche della Regione Puglia. Tante tappe diverse per fugare i nuovi dubbi della quotidianità e per cercare consigli e rimedi anti-covid. Ore 8 e 30. Il professore è arrivato con la sua auto nel luogo stabilito per iniziare il tour. E ci avvisa telefonicamente. Dobbiamo scendere.
Professore, meglio le scale o l’ascensore?
«Indifferente. Il rischio in un ascensore frequentato prevalentemente dai condòmini è piuttosto basso. Dovrebbe verificarsi l’ipotesi che poco prima di lei sia entrata una persona sintomatica che ha tossito o starnutito sulla maniglia. E che poi lei abbia toccato la maniglia, la tastiera e abbia portato le mani al naso e agli occhi. Questa serie di circostanze ravvicinate è davvero improbabile, ma di certo non impossibile».
Entriamo nella sua auto. Meglio sedersi dietro o avanti?
«Se non ci frequentiamo e non siamo conviventi, meglio accomodarsi dietro e indossare la mascherina. Se nell’abitacolo uno dei due è positivo la probabilità di contagio è concreta. In auto è impossibile rispettare le distanze».
Iniziamo il nostro tour. Che facciamo, attiviamo la app Immuni?
«Io la terrei attiva di default. A quanto dicono i programmatori non scarica un granché la batteria, avendo un bluetooth a bassa energia. Io Immuni la tengo sempre attiva».
D’accordo, ma arrivati a casa la si può disattivare.
«Certo, ma se poi lei esce nuovamente e si dimentica di riattivarla?».
Vero. Le offriamo un caffè in un bar via Piccinni. Meglio la tazzina monouso?
«Indifferente. Si presuppone che le tazzine di un bar siano lavate correttamente. Più che del coronavirus io per delle tazzine sporche mi preoccuperei semmai dell’epatite A e di altre malattie».
Facciamo una passeggiata in corso Vittorio Emanuele. Notiamo quattro anziani su una panchina e un runner che ci viene incontro.
«La probabilità di un contagio per strada incontrando anche un runner che non ha la mascherina e respira affannosamente è molto bassa. In un contatto di pochissimi secondi la carica virale che si può disperdere e investirci è bassa. Se questo runner però si fermasse a fare degli esercizi davanti ai quattro anziani e scambiasse con loro due chiacchiere, meglio allora rispettare la distanza maggiore a un metro. Se fosse positivo potrebbe contagiare i signori».
Entriamo in un negozio di via Argiro. Dobbiamo provare una maglia. Mettiamo i guanti? E se l’acquistiamo dobbiamo poi metterla in lavatrice?
«Se lei prima di entrare nel negozio ha igienizzato le mani con del gel idroalcolico, la maglia la toccherà con delle mani pulite. Se lei avesse un evidente raffreddore allora nel negozio non dovrebbe proprio entrarci. Questo semi-filtro abbatte enormemente il rischio contagio. Non c’è bisogno di mettere la maglia in lavatrice, perché si presuppone che non sia stata manipolata da persone con sintomi. Il virus resiste molto più a lungo sulle superfici impermeabili in plastica e acciaio. Meno su quelle porose come cartone e tessuti».
Andiamo a fare la spesa al supermercato in via Calefati. C’è molta gente. Posso fidarmi del carello?
«Sì, ma a patto che venga adottata una precauzione semplice dall’esercente: pulire spesso il manubrio. Ma se il negozio mette a disposizione dispenser di igienizzante, c’è la probabilità che sia stato toccato da mani pulite».
Poi a casa pu
❞ Io ho scaricato la app Immuni e la tengo attiva Consuma poca batteria
liamo la spesa?
«No, è un eccesso di prudenza perché la probabilità di contagio tramite oggetti è molto bassa».
Arriva l’ora dell’aperitivo. Siamo in piazza Mercantile. Alcolico o analcolico?
«Guardi, per me meglio una coca-cola. Non posso bere alcolici per l’emicrania».
Ci hanno portato patatine, olive e taralli ma non in porzioni singole. Che facciamo? Chi dei due inizia a mettere le mani?
«Se entrambi abbiamo le mani pulite non avrei problemi a servirmi dalla ciotola da dove si è servito lei. Certo, se al tavolo fossimo più di due sarebbe più opportuno mettere più ciotole per evitare troppi contatti».
Eccoci all’ora del pranzo. A casa attendono i miei genitori, mia sorella, mia nonna e mia cugina per un bel piatto di riso patate e cozze. Con lei saremmo in sette. Vuole unirsi a noi?
«La ringrazio, ma non essendo conviventi e avendo fatto io delle visite in ospedale, preferirei di no. Soprattutto per proteggere il suo nucleo familiare. Una prossima volta sì, purché il pranzo sia all’aperto e possibilmente sempre con riso, patate e cozze».
Prendiamo il treno. Andiamo a Torre Quetta per un po’ di sole pomeridiano. Durante il viaggio riceviamo delle telefonate; possiamo parlare senza mascherina?
«Se ci sono altri passeggeri occorre tenerla. Tanto, le assicuro, si parla benissimo anche indossandola. Ho fatto tante interviste così».
Eccoci di nuovo in centro. Via Sparano piena di gente e molti senza mascherina. La possiamo togliere anche noi?
«Dipende da come decliniamo il “tanta gente”. Se all’aperto riusciamo a mantenere le distanze di almeno un metro possiamo anche starne senza. Nei capannelli no. Ho notato che per strada la gente tende a star lontana quando passeggia, poi chissà perché quando ci si ferma in più persone a parlare le distanze si accorciano. E questo è rischioso».
Si è fatta sera. Ci accomodiamo in una pizzeria di Poggiofranco. Però non ci hanno né misurato la febbre e né preso i dati anagrafici.
«Misurare la temperatura non è obbligatorio. La lista degli avventori andrebbe invece presa. Per noi del Dipartimento Prevenzione è uno strumento fondamentale nel caso malaugurato si dovesse registrare un positivo in quel locale. Ci permetterebbe di contattare tutti i clienti di quella sera. Con Immuni questo lavoro è più semplice».
Il pizzaiolo sta facendo le nostre pizze. Ma non ha né la mascherina, né i guanti? Possiamo fidarci?
«Certo. Il virus sulla pizza non sopravvive. Su un alimento caldo non ha nessuna speranza. La mascherina serve al pizzaiolo se con lui ci sono altri colleghi a preparare pizze. I guanti? Bastano, come da norma, delle mani pulite».
È arrivato il conto. Meglio contanti o pagamento elettronico?
«Sicuramente il secondo. Si sa, i soldi sono sporchi».
Professore abbiamo finito il giro. Ci dica la verità, se dovessimo farlo realmente non si sentirebbe osservato? Sa, lei spesso sta in tv. E di sicuro qualcuno per strada l’avrà già sicuramente riconosciuta o fermata per chiedere consigli.
«Fino ad ora non ho avuto molte occasioni per passeggiare. Anche perché non vado molto in giro. Anzi, un giro come quello che abbiamo appena fatto, non lo farei nemmeno a pagamento. Sarebbe un incubo. Mia moglie non riesce nemmeno a portarmi a fare shopping. Meglio andare, semmai, a mangiarci una buona pizza».