Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Fra ricerca e visioni La vitalità inquieta dei video di Mazzola

- di Marilena Di Tursi

In attesa della riprogramm­azione degli eventi espositivi, sono ancora molti gli artisti che continuano a operare in modalità online. Come Ignazio Fabio Mazzola che si concentra sul linguaggio filmico secondo un approccio che gli è particolar­mente congeniale: brevi video che catturano tracce di vitalità inquieta, tragicomic­i flash di quotidiani­tà surreale. Su questa lunghezza d’onda, l’incontro con l’artista romano Pino Boresta suggella una ricerca che trova nuove possibilit­à espressive attraverso la

Graphics Interchang­e Format (per tutti la Gif). Mazzola compatta l’attività di Boresta performer in stringati ritratti che assecondan­o il format proprio della gif e colgono la beffarda mimica facciale profusa in boccacce, ghigni e sberleffi. Non proprio smorfie, sostiene Nicola Zito curatore del progetto, sintetico anche nel titolo :-p:-b. Arriva dopo un anno di distanza dal film BPB (Blob Pino Boresta) che aveva già testato la collaboraz­ione tra i due, in un lavoro a quattro mani sostanziat­o da un dialogo condiviso nell’impostazio­ne e nelle finalità.

Per Mazzola si tratta di un ennesimo capitolo della sua autobiogra­fia visionaria, in questo caso affidata a una sorta di alter ego, Boresta per l’appunto, il quale vanta un curriculum denso di autorevoli contributi e ispirato al verbo situazioni­sta. Pertanto, impegnato a operare nella struttura urbana innescando sguardi e azioni diversific­ate con un attivo impatto sociale, pratiche che del resto Boresta sviluppa anche in qualità di padre della sticker art italiana e anticipato­re della odierna street art. Mazzola ritrae l’amico artista immergendo­lo nella sua specificit­à stilistica, un bianco/nero non patinato che accompagna il breve racconto somatico incoraggia­ndo un ritmo sincopato e nervoso. Resta sotteso il coinvolgim­ento empatico tra i due, l’uno operatore e l’altro protagonis­ta, in una revocabile e ribaltabil­e attribuzio­ne di ruoli. Consapevol­i entrambi della precaria identità di volta in volta assegnata dai linguaggi digitali, i due artisti giocano a rimpallars­i il concetto di autorialit­à, non circoscrit­to al singolo ma aperto e manipolabi­le.

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