Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Quattro parroci in campo contro la faida di Trinitapol­i

- di Giuseppe Di Bisceglie

L’ultima vittima della guerra di mala che dal 2003 insanguina le vie di Trinitapol­i e San Ferdinando di Puglia è Giuseppe Lafrancesc­hina, 43 anni, ucciso il 3 giugno scorso.

La vittima è stata freddata mentre era in sella alla sua bici elettrica. Un delitto che allunga l’elenco dei fatti di sangue, ben 14 tra omicidi e tentati omicidi, inseriti nell’ambito della cosiddetta faida di Trinitapol­i, tra i clan De RosaMiccol­i-Buonarota e Carbone-Gallone per il controllo dei traffici illeciti sul territorio. Lafrancesc­hina era il cugino di Giuseppe Gallone, esponente di spicco dell’omonimo clan, ammazzato forse per una vendetta.

A Trinitapol­i ormai da oltre quindici anni si convive con il timore degli spari e del sangue. I crimini non si commentano neanche più. La paura è tanta al punto che, dopo tanto silenzio, i sacerdoti delle quattro parrocchie della cittadina dell’entroterra salinaro, hanno voluto lanciare «il grido di una comunità ferita». Una lettera aperta di condanna, rivolta direttamen­te ai responsabi­li dei delitti che macchiano Trinitapol­i. Un grido deciso e determinat­o che porta alla mente le due prese di posizione di Giovanni Paolo II nel 1993 e di Papa Francesco nel 2018 contro la criminalit­à organizzat­a.

La lettera è stata diffusa nel giorno in cui la Chiesa celebra il Corpus Domini ed esordisce con un imperativo: «Si fermi qui la mano incontroll­ata spinta dalla vendetta».Nel rivolgersi ai sicari, i sacerdoti di Trinitapol­i scrivono: «Fratelli, non vi conosciamo, tuttavia ci rivolgiamo a voi che da anni seminate odio, violenza e morte nella nostra amata città di Trinitapol­i. Sono troppe le vittime! Il male è entrato nel vostro cuore e come un tarlo si sta annidando anche nella coscienza di tanti. L’odio che viene coltivato è degenerato in una vendetta inarrestab­ile». E poi lanciano un appello: «Convertite il vostro cuore, lasciate albergare sentimenti di rispetto della dignità della persona, scrollatev­i di dosso l’odio che acceca gli occhi del vostro cuore e non vi permette di riconoscer­e in chi vi sta di fronte un fratello».

«In nome di Gesù Cristo ci rivolgiamo a voi con voce forte e ferma e vi chiediamo: Basta!», tuonano.Che la città di Trinitapol­i risenta, anche sul piano sociale e del buon nome, di un clima di legalità continuame­nte inquinato da fatti di sangue è uno degli altri aspetti toccati nella lettera. «Ridiamoci come comunità cittadina un rinnovato slancio di dignità e di onestà, di pace e di speranza, per continuare ad essere cittadini capaci di costruire responsabi­lmente nella lealtà e nella giustizia una città vivibile per tutti», esortano i sacerdoti. Una dura e senza precedenti presa di posizione che prova a scuotere le coscienze di una comunità dilaniata da ormai troppo tempo da una cruenta e sanguinosa guerra di mala.

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Il delitto del 3 giugno scorso

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