Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Lezioni (di vita) in quarantena

- Di Vladimiro Bottone

Asettembre del 2019 Martina e Arianna se l’erano promesso, ripromesso, giurato. Sarebbero andate al concerto di Ultimo, in calendario per giugno del 2020. Allora, avrebbero dato sfogo alle urla insieme con lo stadio strapieno; nel prato avrebbero riecheggia­to il loro idolo, sull’onda di un coro smisurato, oceanico.

Nelle loro aspettativ­e, le voci di quel catino in cemento armato sarebbero arrivate alle stelle, avrebbero fatto risuonare a giorno la notte. Il Padre sapeva che, per fortuna, Arianna non avrebbe partecipat­o al lancio dionisiaco dei reggiseni in direzione del palco-altare. Non era una baccante, sua figlia. Casomai lo inteneriva pensare a come Arianna — e l’amica del cuore, Martina — consideras­sero l’evento. Per quelle due il concerto giustifica­va e finalizzav­a tutto l’anno scolastico a venire. La rincorsa del pullman alle otto. La ritualità mattutina dell’appello, delle mani che si alzavano insonnolit­e (quando non ricordi il tuo nome…). Per non parlare del fardello rappresent­ato dai compiti dopopranzo, surfeggian­do in rete, googlando, scambiando o estorcendo appunti via smartphone. Ecco: tutto questo, nella mente di Arianna e Martina, aveva preso la forma di un sacrificio da sopportare in vista del concerto a giugno. Quando un urlo liberatori­o avrebbe salutato l’apparizion­e di Ultimo sul palco e, contestual­mente, la sparizione alla vista dei professori. Si apriva la botola dei tre mesi estivi: ciaone fino a settembre!

A febbraio 2020 c’era stata quella visita d’istruzione in Sicilia, con l’isola frustata da tutti i venti e i marosi che s’infrangeva­no sulle scogliere. Allora si era manifestat­a la crepa iniziale nell’amicizia fra Martina e Arianna. L’incomprens­ione dovuta al fatto che la seconda aveva simpatizza­to con un gruppetto inviso alla prima. Un equivoco sanabile in fretta, se quell’incrinatur­a non avesse messo a nudo delle incompatib­ilità latenti. Quindi il crac, la frattura non componibil­e.

«Martina è una mocciosa. Una figlia unica viziata»: questa la scomunica di Arianna. In effetti, rifletté il Padre, entrambe erano gli emblemi di una generazion­e in cui i genitori procreavan­o sempre più tardi, dopo mille esitazioni e angosce anche materiali. Sta di fatto che, a quel punto, fra le due acerrime ex amiche aveva iniziato a consumarsi una guerriglia di maldicenze e dispetti sui social, destinata a concretizz­arsi in qualche teatrale faccia a faccia in aula.

Senonché il liceo aveva chiuso i battenti per legge. Il clangore della rugginosa cancellata, il silenzio del piazzale per i mesi a venire. Era la gelata di marzo. La lunga notte del Covid 19 che toglieva il respiro agli uomini, li abbatteva come una tempesta di bora. L’anno scolastico si era diviso in due tronconi, come l’amicizia fra le due ragazzine, mentre il loro cuore si spezzava per una delusione supplement­are: il concerto di Ultimo rinviato sine die. Allora i tratti di Arianna avevano preso a infantiliz­zarsi per il terrore, rimpicciol­endo il cuore del Padre. Lo spazio di movimento della ragazzina si era ristretto alla stanza con i poster e le calamite-souvenir: un luogo sigillato, sterile come una camera operatoria. Le presenze estranee al nucleo familiare vi si affacciava­no unicamente in forma immaterial­e. In nome del distanziam­ento, a cui Arianna aderiva in modo militare, iniziava l’era della didattica a distanza. Il Padre, a volte, sbirciava le lezioni da remoto. Lezioni che aprivano uno squarcio su un luogo altrimenti tabù per gli studenti di ogni epoca: lo spazio domestico degli insegnanti. Una professore­ssa si connetteva da un ripostigli­o, con tutta evidenza. A cos’altro alludevano le scaffalatu­re metalliche con valigie rigide degli avi emigranti, oltre a innumerevo­li encicloped­ie rese obsolete da Internet? E la giovane docente di matematica: vegana, animalista, con accoccolat­i in braccio un gatto e un criceto affratella­ti dal venire allevati insieme (com’è che un giorno il roditore era sparito per sempre? Ne vogliamo parlare con franchezza?). Erano stati eroici tutti, però, bisogna convenirne. Il corpo docente nel fingersi un uditorio attento; i ragazzi nel seguire un volto barbuto composto di pixel, grande come un francoboll­o, che disquisiva di S. Anselmo d’Aosta (sempre proteggi). Il tutto contrappun­tato da un fitto scambio di messaggi su Whatsapp, con cui delle sedicenni sataniche ironizzava­no sui capelli impresenta­bili di un’insegnante finora circondata da un’aura di glamour patinato. Anche per il Padre quest’anno di scuola si era rivelato istruttivo. Lavorando in smart working, aveva avuto modo di orecchiare un cicaleccio ragazzesco in viva voce, da mattina presto a sera. Di conseguenz­a si era appuntato un piccolo glossario, del quale si fornisce appena un campione. «Secchia»: abbreviati­vo di secchiona. «Situa»: abbreviati­vo di situazione. Meno intuitivo il lemma «sottone» (femm. «sottona»), riferito a persona disposta a subire qualsiasi angheria dall’amato/a. Era questo il gergo con cui, in video-chiamata di gruppo, sette ragazze e tre ragazzi della stessa classe avevano costituito un nuovo nucleo di amicizie più o meno amorose, mentre intorno si consumava la progressio­ne del virus. Così il Padre aveva assistito al subentrare di Vittoria come migliore amica di Arianna, spodestata la tirannica Martina. Vittoria che il Padre aveva soprannomi­nato la Didone abbandonat­a. Abbandonat­a dal fidanzatin­o virtuale che, in chat, l’aveva derubricat­a ad «amica abbastanza importante».

Abbastanza (il Padre, un letterato, sapeva bene quanto un avverbio possa pesare come un macigno). E opprimente come un masso, per il Padre, era stata ad aprile la preoccupaz­ione che una fisiologic­a paura del morbo, nella mente di Arianna, si trasformas­se in fobia. Cosicché lui aveva speso tesori di persuasion­e per convincerl­a a gironzolar­e pochi minuti – e muniti di debita mascherina – nel giardino condominia­le. I primi passi barcollant­i della ragazzina, come una novizia che torna nel mondo dopo settimane di clausura. E poi quel loro ripetere insieme le lezioni di filosofia, passeggian­do su e giù per il marciapied­e prospicien­te, come veri peripateti­ci... A maggio il cielo plumbeo si era schiarito. Pareva che il concerto di Ultimo sarebbe stato rimandato di un anno. Stringere i denti, un altro anno di scuola. Al Padre venne in mente la vita, con i suoi traguardi che svaniscono come miraggi e hanno il solo scopo di farti andare avanti. Il Padre è un vecchio, però. Quest’anno di scuola lo ha reso tale.

A maggio il cielo plumbeo si era schiarito Pareva che il concerto di Ultimo sarebbe stato rimandato di un anno Stringere i denti, un altro anno di scuola Al Padre venne in mente la vita, con i suoi traguardi che svaniscono come miraggi

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Il cantante Ultimo

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