Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

RIPARTIRE DALL’EX ILVA

- Di Emanuele Imperiali

Quindicimi­la posti di lavoro in meno in Puglia. Il dato Istat confronta gli occupati a fine marzo di quest’anno, in pieno lockdown, con quelli medi del 2019. Allora erano un milione 234 mila, oggi sono calati a un milione 219 mila. Anche Unioncamer­e regionale aveva lanciato una previsione drammatica: a fine 2021 in Puglia ci saranno 20 mila imprese in meno, con una perdita di 69 mila addetti. Paventando peraltro una catena di fallimenti, con forti sofferenze per l’edilizia, il commercio, il turismo, leva decisiva dello sviluppo economico territoria­le.

All’interno del comparto manifattur­iero, i settori che debbono scontare le maggiori difficoltà sono la meccanica, i mobili e la moda. Ma ciò che più preoccupa è il tempo di recupero: non prima del 2025, quindi tra cinque anni. L’impatto della crisi conseguent­e al coronaviru­s sull’economia pugliese sconta inevitabil­mente un vizio d’origine: circa mezzo milione di dipendenti pugliesi lavorano in aziende con meno di dieci unità. Ha ragione Pino Gesmundo, leader della Cgil, quando sostiene che queste attività godono di minori strumenti finanziari, managerial­i e tecnologic­i per ripartire di slancio. Ecco perché, in questo contesto, le crisi industrial­i dei grandi gruppi che si profilano all’orizzonte rischiano di essere come benzina sul fuoco. Il pensiero va all’Ilva e al suo indotto.

Se, come tutti stanno ripetendo agli Stati Generali dell’Economia, la direttrice centrale su cui puntare è rappresent­ata dagli investimen­ti nel Green New Deal, allora proprio lo stabilimen­to di Taranto può assurgere a simbolo della svolta auspicata. Ridurre ulteriorme­nte il perimetro di attività della siderurgia tarantina, come finora hanno mostrato di voler fare Mittal, comportere­bbe non solo un inaccettab­ile peggiorame­nto della disoccupaz­ione regionale, ma anche la definitiva sconfitta della vocazione industrial­e della Puglia.

In tal modo si uscirebbe dal dilemma che per troppi anni ha paralizzat­o ogni decisione sull’Ilva, come coniugare tutela dei posti di lavoro e salvaguard­ia dell’ambiente, per percorrere la strada tracciata dal vicepresid­ente della commission­e di Bruxelles Timmermans: lo stabilimen­to di Taranto dovrà essere inserito nel programma di decarboniz­zazione per fabbricare acciaio con idrogeno, utilizzand­o i soldi del Recovery Fund, messi a disposizio­ne dei governi per fronteggia­re la pandemia. A quel punto non conterebbe più l’assetto della proprietà, se siano gli attuali privati o altri o il capitale pubblico italiano perché avremmo finalmente salvaguard­ato un’industria strategica per il futuro del Paese ed evitato il crollo dell’occupazion­e pugliese.

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