Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
UN ACQUEDOTTO DOPO L’ALTRO
Dopo che l’Autorità idrica ha bocciato la partecipazione del capitale privato allo sviluppo dell’Acquedotto Pugliese, il presidente Simeone Di Cagno Abbrescia ha coniato una nuova idea resa in sede pubblica. La sua tesi sarebbe gustosa, se non fosse preoccupante per i cospicui interessi che potrebbe accendere, magari ripristinando in altra veste i capitali privati nella gestione di Aqp. Ed ecco il piano: siccome l’attuale acquedotto – il più grande d’Europa - non sembra più sufficiente a fronte dell’attuale bisogno di acqua meglio costruirne un altro, più ampio e generoso. E da dove dovrebbe provenire l’acqua del nuovo impianto? Sempre secondo Di Cagno Abbrescia, potremmo prelevarla da una terra al nord della Puglia dove, ancora a suo dire, ve ne sarebbe moltissima inutilizzata e dispersa in mare. Nessun argomento a conforto è stato esibito, nessun contatto con questa ipotetica regione donante, e nemmeno un segno di dialogo formale con il governo di casa altrui. Ma non si era detto ripetutamente che l’acquedotto, quello vero e in funzione, ha bisogno di lavori importanti per ridurre le perdite diffuse in tutta l’estensione dei condotti? E a questo scopo non si era avviato proprio quel ricorso al capitale privato, poi rigettato dall’Autorità idrica?
In sostanza, resta incontrovertibile l’insufficienza del nostro acquedotto, a causa delle acclarate perdite nella distribuzione, al punto che la maggior parte dell’acqua viene smarrita e talvolta anche rubata. Allora la riparazione dei mali nella distribuzione di acqua dobbiamo abbandonarla? In realtà la trovata del presidente di Aqp, così come è stata formulata, potrebbe coagulare un grande ritorno degli appetiti della vecchia classe dirigente di Bari e dintorni, quella che ha fatto la sua fortuna con la corsa al mattone in tutte le sue sfaccettature e con la rendita immobiliare. È una supposizione, o anche un timore, certo; ma lasciare al suo destino un acquedotto funzionante, pur con la sua eccessiva burocrazia interna, è impresa che non si sono sognati nemmeno gli imperatori romani, bravissimi nel moltiplicare i loro grandiosi acquedotti, e mai nel sopprimerli.
Sarebbe utile, invece, istituire un termometro tecnico e sociale per controllare come procedano i lavori di recupero delle perdite di acqua, di conserva con una sorta di vigilanza istituzionale del governo della regione, che per ora tace, quasi da soggetto estraneo e non interessato. Intanto in Puglia l’acqua dolce continua ad essere salata più del mare, se guardiamo i canoni e l’esborso di euro da parte dei cittadini.