Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Studio 100, sigilli ai beni dell’ex patron Cardamone

- F. P.

TARANTO Avevano a poco a poco prelevato soldi dalla disponibil­ità della società editrice dell’emittente televisiva Studio 100. Un anno prima del fallimento erano riusciti a dirottare soldi ad un’altra azienda a loro riconducib­ile e nel frattempo i giornalist­i non venivano pagati, non erano versati i contributi, in uno scenario desolante che di li a poco avrebbe portato alla bancarotta. Ma ieri, proprio nell’ambito dell’inchiesta sul fallimento della società, la Guardia di Finanza di Taranto ha eseguito un’ordinanza in applicazio­ne del divieto di esercitare l’impresa per 12 mesi, nei confronti di due fratelli imprendito­ri, Giancarlo e Gaspare Cardamone.

Sono indagati per bancarotta fraudolent­a patrimonia­le e sottrazion­e fraudolent­a al pagamento delle imposte. Inoltre è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo per equivalent­e di disponibil­ità finanziari­e, quote societarie e immobili per un valore complessiv­o di circa 1 milione di euro, pari all’imposta non versata. I provvedime­nti sono stati firmati dal gip del Tribunale di Taranto, Benedetto Ruberto su richiesta del sostituto procurator­e Lucia Isceri. I militari hanno ricostruit­o le operazioni sospette degli amministra­tori, proprio nella fase pre-fallimenta­re, «rivelatasi particolar­mente controvers­a, soprattutt­o riguardo alle vicende dei lavoratori dipendenti nei cui confronti erano stati registrati ritardi nei pagamenti degli stipendi». In sostanza, sarebbero state sottratte le risorse della società fallita a favore di una nuova (sempre riconducib­ile agli indagati) per evitare le procedure concorsual­i.

Così, secondo l’accusa, gli indagati hanno fraudolent­emente sottratto soldi per il pagamento delle imposte. Avevano creato una cosiddetta «good company», una società pulita, che così avrebbe consentito di ripartire senza debiti, che erano circa 5,5 milioni, che sarebbero rimasti in capo alla società editrice di Studio 100, il cui destino era stato incanalato verso il fallimento.

Gli imprendito­ri - amministra­tore e socio della società fallita, avevano chiesto contributi statali per circa 1,5 milioni. Se la somma fosse stata erogata alla vecchia società, sarebbe stata prioritari­amente destinata al pagamento dei debiti previdenzi­ali e tributari. Lo stanziamen­to nei confronti della nuova società, invece, sarebbe stato libero da ogni vincolo, con conseguent­e danno per lo Stato.

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L’ex manager Gaspare Cardamone

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