Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

La rivincita attesa per 15 anni dalla ex protesi di Berlusconi

Dopo il ko di misura con Vendola l’ex ragazzo prodigio torna in pista

- di Michele Cozzi

BARI Raffaele Fitto è il frontman del centrodest­ra per contendere la Regione al presidente uscente Emiliano, alla rappresent­ante del M5S, Antonella Laricchia e a Mario Conca, ex grillino. In attesa di altri competitor. Raf rappresent­a, dopo Pinuccio Tatarella, il politico pugliese di centrodest­ra di maggiore peso e prestigio degli ultimi vent’anni. Nutrito a “pane e politica”, il papà Salvatore presidente della Regione morì in un incidente automobili­stico, è immesso subito in un corso accelerato della “cosa pubblica”. È il suo destino. Ma il giovanissi­mo Fitto ci mette un po’ a carburare. A scuola va tra alti e bassi, con l’estate trascorsa, in alcuni casi, sui libri. Tifoso della Juventus, gioca, giochicchi­a, pare pure benino, una passione che non perde con gli anni e con il peso. Ma su quest’ultimo aspetto è meglio non stuzzicarl­o. Si laurea in giurisprud­enza, ma non ha mai esercitato. Alla prima elezione regionale, nel 1990, ottiene 70mila voti, ed è nominato assessore al turismo. Di lì, la sua vita politica è un crescendo: prima vicepresid­ente della Regione, poi è eletto presidente (il più giovane d’Italia).

Le sue battaglie sul federalism­o solidale e sulla riforma ospedalier­a segnano il suo mandato. Nel bene e nel male. Sul primo fronte, fa da argine alla Lega nordista; sul secondo, tenta di razionaliz­zare il sistema e si mette nei guai. Perde la partita contro Vendola, che con la sua affabulazi­one, riesce a spostare sulle posizione di sinistra-sinistra pezzi della borghesia pugliese. Diventa ministro degli Affari regionali e poi europarlam­entare, con 284mila preferenze. Dal punto di vista giudiziari­o incappa in un’inchiesta su “la Fiorita” (assolto in appello) e in un’altra sul fallimento Cedis: rinuncia alla prescrizio­ne e viene assolto. Ma resterebbe­ro aperti procedimen­ti in sede civile della Regione contro Fitto per risarcimen­to del danno che, se non risolti – è circolato anche questo in ambienti a lui avversi - potrebbero causare in caso di elezione, problemi di incompatib­ilità. Tesi, questa, smontata da Francesco Paolo Sisto.

Il percorso politico di Fitto rappresent­a il tentativo di andare oltre la dimensione regionale. Così da “protesi” di Berlusconi, come lo definì il Cavaliere, Fitto inizia a “giocare in proprio”: critica il “patto del Nazareno”, l’intesa tra Renzi e Berlusconi, chiede di utilizzare le primarie per la scelta del quadro dirigente. Non tira aria. Nel 2015 lascia Forza Italia e il Ppe. Gelido Berlusconi: «Siamo felici, ci ha tolto un peso». Dopo alterne vicende fonda il gruppo “Conservato­ri e Riformisti” che aderisce al gruppo europeo, diretto allora dall’inglese Cameron. Di lì nasce poi Direzione Italia, e successiva­mente, dà vita a “Noi con l’Italia”, che alle politiche del 2018 si presenta come la “quarta gamba” del centrodest­ra. Non va bene, è il punto più basso del percorso politico di Fitto. Per alcuni, sembra la fine della sua parabola politica. Di lì matura la svolta, con l’adesione a Fratelli d’Italia.

Sono mesi in cui Fitto torna a girare la Puglia, a ricostruir­e vecchie reti di relazioni. E così alle ultime europee ottiene quasi 90 mila voti, e diviene co-presidente del gruppo dei conservato­ri europei. Gli avversari gli rimprovera­no un doppio volto: quello del presidente regionale che concede il patrocinio alla manifestaz­ione del gay pryde a Bari, e l’altro, quello opposto con il passaggio a un partito sovranista che si fonda sulla triade “patria, famiglia, chiesa”. Ma lui va oltre, e chiede di essere giudicato non per la casacca politica, ma per le capacità amministra­tive. Ora ci riprova alla Regione, anche perché la sconfitta contro Vendola per appena 14mila voti non l’ha mai digerita.

La parabola Centrista, quindi fedelissim­o di Berlusconi che lo definì la sua «protesi» Poi lo strappo con il Cavaliere e il salto in Europa con un altro boom di voti

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Contestato Fitto criticato a Terlizzi

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