Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Il sistema di Jacobini junior «Per concedere prestiti faceva acquistare azioni»
Popolare di Bari, perché il tribunale ha rigettato il dissequestro dei soldi: «Ai clienti doppi finanziamenti in cambio di azioni»
Sono state rese note le motivazioni del Riesame relative al mancato dissequestro di 5 milioni a Jacobini jr, ex co-direttore della Popolare: «Erano frutto di reati. E di un sistema di azioni fatte acquistare in cambio di prestiti».
BARI «Erogare finanziamenti in cambio dell’acquisto di azioni della Banca Popolare di Bari o del loro non smobilizzo». Era questa, secondo quanto scrivono i giudici del Tribunale del Riesame di Bari, che il 29 maggio hanno rigettato la richiesta di dissequestro di quasi 5 milioni di euro nei confronti di Gianluca Jacobini, la strategia perseguita dall’istituto per «evitare contrazioni della base sociale e riduzione del relativo capitale». E uno degli «ispiratori» di questa politica, si legge nel provvedimento reso noto ieri, sarebbe stato proprio l’ex condirettore generale, indagato insieme a Nicola Loperfido (ex responsabile direzione business) e a Giuseppe Marella (ex responsabile Internal Audit) nell’inchiesta sulle cosiddette «operazioni baciate».
Uno strumento finanziario che avrebbero permesso alla banca di ottenere somme derivanti dall’acquisto di azioni proprie, con un mandato irrevocabile a vendere, a «garanzia» dei finanziamenti concessi a grossi gruppi imprenditoriali (fra i quali vengono messi in evidenza i casi del Gruppo DeBar Costruzioni, del Gruppo Majora e della Special Media International). Cifre (per un ammontare complessivo di circa 49 milioni di euro) che non avrebbero potuto essere conteggiate nel patrimonio della banca e la cui provenienza non è stata comunicata agli organi di vigilanza, motivo per il quale i pm Roberto Rossi, Federico Perrone Capano e Savina Toscani ipotizzano i reati di ostacolo alla vigilanza e false comunicazioni sociali. Nell’indagine sulle operazioni baciate che ha portato al sequestro «il dato rilevante spiegano i giudici del Riesame - è quello del collegamento negoziale tra il mandato irrevocabile a vendere le azioni e i finanziamenti erogati al cliente».
Tra gli atti sequestrati a Jacobini nel corso di questa inchiesta (ricordiamo che l’ex condirettore è sotto processo con l’ex presidente, il padre Marco, in un altro filone di inchiesta su presunti falsi in bilancio che ha portato al commissariamento della banca) oltre ad alcune mail, c’è anche un block notes con una nota manoscritta. «Intercettare clienti che vogliono diventare soci, accedendo al pacchetto soci - c’è scritto - inserendo la possibilità di avere un finanziamento pari a due volte le azioni». Un appunto che, secondo i difensori di Jacobini risalirebbe addirittura al 2013 (mentre gli atti in esame risalgono al 2015) mentre secondo gli inquirenti si tratterebbe di «un manoscritto in cui egli annotava la strategia di offrire finanziamenti finanche doppi rispetto alle azioni che i clienti avrebbero acquistato - commentano i giudici - e rende palese come tale fosse l’interesse perseguito dall’istituto di credito, non essendovi altra ragione onde procedere a siffatte operazioni, chiaramente in perdita e idonee ad intaccare il patrimonio della banca». Intanto, dopo l’approvazione, due giorni fa, da parte dell’assemblea dei soci della trasformazione dell’istituto in spa, Forza Italia chiede che il Ministero dell’Economia e Finanze si inserisca con una partecipazione cospicua nel capitale sociale.