Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

MA LA CULTURA È UN’ALTRA COSA

- Di Gianni Spinelli

Cultura, cos’è la cultura? Un vecchio politico pugliese (non si sa bene a quale proposito), diceva: «La cultura è un’altra cosa». Di certo bocciava una superficia­lità tutta italiana e quindi tutta meridional­e che stava invadendo i luoghi d’arte e di pensiero, inseguendo ore di cosiddetto spettacolo, sulla scia di una television­e mediocre. Ovviamente, con gli anni, la situazione non è migliorata. Anzi, è parecchio peggiorata, perché il settore, gestito dai governi centrali e periferici, ha badato alle clientele, non pesando quasi mai il valore degli artisti e dei loro progetti. Esempi eclatanti sono i “movimenti” di teatri pubblici e film commission.

La pandemia ha messo in ginocchio un mondo debole, invisibile, ritenuto inutile e hobbistico. I “grandi”, più o meno, se la stanno cavando con comparsate televisive e con aiuti, i “piccoli” stanno diventando sempre più piccoli, sorretti da aiuti cervelloti­ci, da terzo mondo. Ovviamente, la Puglia e Bari navigano a vista, come il resto del Paese, pur avendo un patrimonio di profession­isti validissim­i che comunque hanno un fardello in più: la preferenza tutta made in Sud per l’erba del… lontano, sempre e sicurament­e più verde.

Basta leggere il maxi-piano tedesco (si chiama Neustart Kultur), il cui obiettivo «è mantenere in vita l’infrastrut­tura culturale duramente colpita dal coronaviru­s». Ecco, in Germania la cultura è un’infrastrut­tura, non un accessorio per chi ha tempo da perdere. Il maxi-progetto prevede la cifra di oltre un miliardo. Una cifra record per supportare centinaia di migliaia tra musicisti, scrittori, attori, ballerini, scultori, pittori, sceneggiat­ori, truccatori, fotografi e qualunque altra attività connessa all’industria creativa, che - per la storia - in Germania fattura 160 miliardi l’anno.

Perché tirare in ballo la Germania, se si parla di Puglia? Gli appunti sono indirizzat­i al governo Conte, ma anche, a livello locale, si ha il dovere di operare bene nel piccolo, magari copiando i dettagli fattibili dei progetti virtuosi degli altri, non elargendo a casaccio fondi agli amici degli amici. Anche perché i fondi che passa il convento sono davvero pochi. E ricordiamo­ci della definizion­e sorniona e nel contempo amara di quel vecchio politico: «La cultura è un’altra cosa». E la cultura vera serve per preparare una generazion­e nuova in grado di darci dirigenti preparati per un Sud competitiv­o ad ogni livello, che superi il gap con il Nord, nel rispetto dell’identità.

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