Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
La fase 3 della giustizia A Bari processi civili rinviati (anche) al 2022
Bari, fermi i processi civili: al palo risarcimenti del danno e colpe mediche
«Ai miei clienti sto dicendo che per chiudere un processo civile, in questo momento storico, servono almeno dieci anni». A dirlo è l’avvocato barese Jacopo Metta, uno dei tanti che nel periodo postumo al lockdown si sta ritrovando a gestire il rinvio di cause importanti anche fino al 2022. I rimandi più significativi riguardano i processi per colpe mediche e risarcimenti.
BARI La giustizia a Bari e nel viaggia ad un ritmo tanto lento che avvilisce chiunque pensa di poter intentare una causa per far valere un proprio diritto. E questo accade in un Distretto che ha i numeri più alti in Italia per produttività dei magistrati. «Per il 2021 ho già tre cause fissate. Adesso stiamo trattando quelle del 2012. La chiusura dei tribunali per il Covid ha bloccato ancora di più un sistema che era già in affanno con i ruoli dei giudici intasati da sempre».
L’avvocato civilista Jacopo Metta è solo uno dei tantissimi professionisti che in questi giorni sta assistendo a scene surreali, che se non fossero tremendamente vere farebbero anche sorridere. «Per chiudere un processo adesso, se tutto va bene, ci vogliono dieci anni, lo diciamo ai nostri clienti quando arrivano allo studio. Con alcuni colleghi ci ponevamo un quesito, ovvero se fosse più giusta una giustizia ingiusta ma veloce o viceversa». La sua è chiaramente una provocazione dettata dal momento difficile che gli avvocati, non solo baresi, stanno vivendo. Se per il settore penale, dove c’è la scure della prescrizione, qualcosa lentamente si muove, in quello civile ci si inabissa nei rinvii.
«Ci sono stati colleghi che hanno avuto un rinvio nel 2022. Parliamo di cause che interessano direttamente i cittadini e penso a quelle relative ai risarcimenti del danno, a quelle di lavoro, alle colpe mediche - spiega il presidente dell’Ordine degli Avvocati, Giovanni Stefanì Abbiamo avviato un’indagine per monitorare quanto sia accaduto alla giustizia durante il lockdown e soprattutto quanto potrà accadere dopo». E la situazione descritta dal presidente Stefanì non è rassicurante. «Manca il personale ma anche i mezzi per poter affrontare, eventualmente, una nuova crisi in autunno. Noi ci auguriamo che il rischio possa essere scongiurato ma se dovesse esserci una nuova ondata di epidemia bisogna stanziare fondi per permettere agli uffici giudiziari di funzionare anche da remoto». Più computer, collegamenti internet veloci e più uomini. La ricetta sembra semplice ma non è così. «Anche sul palagiustizia abbiamo sollecitato il ministro ma al momento non ci sono riscontri, noi continueremo a fare la nostra parte e la faremo ogni giorno - dice ancora il presidente - Oltre alle sedi inadeguate abbiamo posto anche un altro problema e riguarda le spese che gli avvocati affrontano: vogliamo la sospensione delle tasse e incentivi per i giovani».
La denuncia I mesi di lockdown in tribunale hanno mandato in tilt anche le cancellerie dei giudici
Giovanni Stefanì Se in autunno ci sarà una nuova crisi serviranno uomini e soldi
Jacopo Metta Per l’anno prossimo ho già tre rinvii in agenda, è tutto così paradossale