Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Perdenti, a settembre aspettatev­i di tutto

- Di Vladimiro Bottone

Ora che i familiari sono in vacanza, Riccardo può finalmente combattere il martirio della propria insonnia nell’unica maniera che gli è dato di conoscere: l’alcol. Era partito intaccando l’unica bottiglia di Bombay Sapphire nascosta nel pensile della cucina. Fra alcuni giorni, a furia di tracannare sorsate dopo cena, prosciugat­o l’ultimo fondo dovrà ripiegare su sottomarch­e da discount. E’ venuto il momento di economizza­re. Il suo capo, durante le sue ostili telefonate di controllo, non fa che ricordargl­ielo.

«Questa non sarà una crisi come le altre. Il 2012 al confronto sarà una passeggiat­a. Allora l’azienda ha retto perché eravamo, siamo sani. Stavolta il calo del Pil sarà il peggiore dopo quello della II Guerra Mondiale. A settembre aspettatev­i di tutto. Hai presente le biglie rotolano sopra un asse inclinato? Saremo così. E quindi ricordatev­elo, ricordatel­o: tutti sono utili, nessuno è indispensa­bile».

Così Riccardo, per potersi addormenta­re in un sonno indotto e incolore, ingolla la sua dose di gin, un medicinale dall’anima infuocata che parla, parla dal suo bagliore che incendia prima la gola, poi il cervello. Gin deriva da ginepro.

«Ci sei arrivato adesso? Hai impiegato tutti questi anni?», gli rimprovera lo spirito del gin, quell’energia ciclopica che gli fa inclinare il pavimento sotto i piedi, come durante il rollio di una nave in tempesta che imbarca acqua da una falla.

«L’azienda ha una falla: i costi fissi, i costi del personale... Per adesso ferie arretrate e smart working. Poi si vedrà, caso per caso. Lo sai, no, che stavolta il crollo del Pil sarà il peggiore dopo quello della II Guerra Mondiale?».

Riccardo ne era a conoscenza: legge, si aggiorna, da marzo scruta Internet come un pescatore scruterebb­e un orizzonte di maltempo. Pur di lisciare il pelo per il verso giusto al capo aveva finto di ignorarlo, con un borbottio nel microfono che ricorda il borbottio che gli sale dalle budella appena coricata la testa sul bracciolo del divano (è lì che dorme, a volte, affinché gli incubi non lo trovino). Stasera le prime vertebre si ribellano alla torsione della postura innaturale. Di nuovo in piedi, Riccardo barcolla verso la camera da letto. Questo palpitare di bassi da un’utilitaria; ragazzi e ragazzi che si dissetano con le birre, beati loro. Il pompaggio di questa musica, altra sorsata, altro colpo al livello della bottiglia. Il calore si impossessa delle tempie. E’ luglio, all’appello manca agosto, poi verrà il tempo per quella i colleghi hanno ribattezza­ta: «la Soluzione finale». Macabro. Riccardo si abbatte nel matrimonia­le non rifatto da giorni. La musica dei ragazzi si è spenta di colpo perché lo spirito del gin ha staccato i collegamen­ti. La centralina surriscald­ata della mente è piombata nel buio. Il cambio di atmosfera esterna, il buio che stinge nella prima luce del mattino. Uno stormire di alberi che grondano della pioggia inavvertit­a di stanotte. Bere ha un costo, tutto ha un prezzo. La cefalea di stamattina martella la fronte con delle parole-chiodo: lavoro agile, demansiona­mento, mobbing. La più o meno lunga anticamera del licenziame­nto. Il punto è che il lavoro lo si difende dalla scrivania, non da remoto… Adesso che è evaporato, lo spirito del gin lascia il posto a un sapore di cenere. E al viso di quella donna che non ha mai amato i perdenti e, peggio ancora, i vinti. Lei che, già da prima di sposarlo, sottintend­eva una riserva sul viso ancora intatto: «avrei potuto scegliere di meglio». La fiamma azzurrina sotto la Moka che si prepara all’ebollizion­e. Questo liquido denso e nero che rischia di traboccare dal beccuccio.

«Potevo prendermi chi volevo. Su di te ho sempre avuto qualche dubbio».

La prima sorsata amara, un caffè forte e amaro per svegliarsi finalmente.

«Anche le mie amiche non erano convinte. Storcevano il naso: manca di grinta. Si vede che è uno perbene, ma gli manca il quid».

I pensieri inespressi di sua moglie. Sua moglie che ora gli ha telefonato con una voce apprensiva: teme che lui non abbia puntato la sveglia dello smartphone. Intuisce che suo marito sta perdendo colpi. Il sottinteso di questo suo nuovo tutoraggio: «E pensare che ti ho scelto, nonostante i dubbi, perché ti ritenevo un padre solido per i miei figli».

I figli, la loro immagine retroillum­inata come salvascher­mo del pc: pinneggian­o in un fondale smeraldino. Non sanno, sono completame­nte immersi nelle dimensione delle loro schermagli­e amorose. Ignorano che la realtà è una perpetua lotta per la sopravvive­nza. Riccardo ha spalancato la porta-finestra. Basta guardarsi attorno: è il dominio della lotta. L’altra mattina un corvo banchettav­a coi resti di un gatto arrotato da qualche pirata della strada. A coppia le cornacchie si lanciano in picchiata come caccia, quando uno scoiattolo addenta qualche bocconcino nel giardino condominia­le. La guerra di tutti contro tutti. Anche Riccardo partecipa a questa fase di quello che gli sembra un ciclo naturale. Lo fa da essere umano: quindi con un plus di malvagità gratuita (la cattiveria ottusa e auto-corrosiva dei perdenti). Spesso, negli ultimi tempi, coppie di agenti immobiliar­i citofonano. Oppure si tratta di piazzisti mandati allo sbaraglio dalle loro ditte. L’abbinament­o è sempre fra un senior rotto a tutto e un aiutante nuovo del mestiere. Nessuno apre loro, i condomini non gradiscono scampanell­ate alle porte e seccatori. I venditori sono inquieti: la Grande Chiusura ha comportato una stretta feroce al giro d’affari, la posizione di ognuno è in bilico. Questi due, per esempio. Riccardo li adocchia da uno spigolo del balcone. Il più vecchio ha i capelli a spazzola, da istruttore dei marine; il più giovane il pizzetto e una cravatta sbilenca. Il più anziano ha l’occhio di un cacciatore o di un cecchino. Individua l’unico condomino al balcone. «Ci apre per favore?». Riccardo si ritrae, poi torna a sporgersi, irritato con se stesso per quella ritirata. «Ci apre per favore?», il marine,tornato alla carica. «E perché? Non compriamo niente! Non apriamo a nessuno!». Al marine quella presa di posizione sembra una ripicca gratuita. In un attimo il dialogo a distanza diventa un alterco condito di minacce reciproche, con l’apprendist­a che strattona via il suo mentore.

Riccardo torna dentro: per una volta ha fatto valere le sue ragioni, non si è fatto schiacciar­e. Per abitudine getta un’occhiata allo smartphone. Inorridito si accorge della chiamata di controllo a vuoto.

A settembre aspettatev­i di tutto.

❞ Questa non sarà una crisi come le altre Il 2012 al confronto sarà una passeggiat­a. Allora l’azienda ha retto perché eravamo, siamo sani Stavolta il calo del Pil sarà il peggiore dopo quello della II Guerra Mondiale A settembre aspettatev­i di tutto

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Gilbert e George «Gordon’s Makes Us Drunk» (1972)

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