Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Tutto fermo, ma il riciclaggio no
Le verifiche di Bankitalia: dall’inizio della pandemia 3.292 spostamenti sospetti di soldi
Durante il lockdown, ma anche nei mesi successivi, sono cresciuti sensibilmente gli spostamenti sospetti di soldi in Puglia (3.292). Secondo l’Unità di informazione finanziaria di Bankitalia è il segno di un’intensa attività di riciclaggio dei gruppi criminali su imprese e commercio in crisi.
BARI Gli affari sono fermi, ma i soldi si spostano. Al punto che le operazioni sospette legate a vorticosi giri di denaro aumentano notevolmente anche in periodo di lockdown. Per giunta accade al Sud, in territori su cui grava l’ombra di una criminalità organizzata decisa a mimetizzarsi tra affari dalla facciata più o meno pulita, uno scenario su cui incombono cosche dalle strategie sempre più manageriali e pronte a cogliere l’occasione della crisi economica innescata dall’epidemia.
I dati sono contenuti nell’ultima relazione della Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d’Italia. Il dossier è una leva fondamentale nell’ingranaggio investigativo messo in moto contro riciclaggio e terrorismo, e racconta gli spostamenti di carrellate di euro nel primo semestre dell’anno. Un periodo gravato dall’emergenza sanitaria e dal conseguente lockdown. Eppure, nonostante lo stop alle attività economiche e il crollo degli scambi commerciali, nella quasi totalità del Sud le operazioni sospette sono in aumento rispetto allo stesso periodo del 2019: in Puglia sono passate da 3.017 a 3.292, in Campania da 6.455 a 7.078, in Calabria da 1.365 a 1.608.
Insomma l’economia non gira e ristagna, ma in tanti continuano a muovere ingenti somme di denaro rastrellando liquidità. Che potrebbe essere incanalata - è il sospetto degli investigatori - tra i mille rivoli di lavoro nero e riciclaggio. Proprio su quegli spostamenti sono puntati i riflettori degli analisti, decisi a incrociare numeri, date e luoghi.
Fin dalle prime fasi dell’emergenza legata al Coronavirus, gli inquirenti hanno lanciato l’allarme sul rischio di infiltrazioni nel tessuto economico e sociale del Paese.
Un tema su cui si è soffermato anche il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho. Il quale già ad aprile, parlando in audizione alla Camera nelle commissioni riunite Finanze e attività produttive sul decreto Liquidità, ha sottolineato come sia concreto il rischio di un attacco sul fronte economico da parte dei clan, ribadendo l’importanza e la necessità della «tracciabilità dei flussi finanziari». Un allarme messo nero su bianco dall’Uif, che in un documento del 16 aprile invita a mantenere la guardia alta sulla criminalità finanziaria collegata in qualche modo all’emergenza sanitaria.
Nella relazione semestrale l’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia documenta i movimenti da approfondire in Italia. A livello nazionale sono già state trasmesse agli apparati investigativi 53.186 segnalazioni e sono stati adottati 22 provvedimenti di sospensione di operazioni sospette per un valore di 2,6 milioni di euro. «Sotto il profilo della ripartizione territoriale – è scritto nella relazione – si osserva l’incremento delle segnalazioni relative a operazioni» effettuate in Campania, Puglia, Calabria e Lazio. Nel rapporto viene tracciato un quadro analitico, provincia per provincia. Ecco quindi che, per quanto riguarda la Puglia, spiccano gli aumenti di Bari (da 1.022 a 1.081), Foggia (da 534 a 674), Brindisi (da 253 a 300), Lecce (da 539 a 579), Taranto (da 346 a 396); stesso andamento in Campania: basti pensare che nella zona di Napoli si è passati da 4.178 a 4.680 segnalazioni e la città è tra le prime cinque in Italia per numero di operazioni sospette in rapporto alla popolazione insieme a Milano, Prato, Roma e Caserta.
Leggendo il quadro d’insieme affiora il sospetto che il giro di denaro messo in moto possa aver alimentato non solo il riciclaggio ma anche il lavoro nero, che si è sviluppato durante il periodo caratterizzato dalle chiusure forzate. La pista dei soldi potrebbe celare in realtà una precisa strategia delle cosche, pronte a utilizzare la leva del denaro e quindi anche dell’usura per acquisire attività produttive in crisi, ampliando nello stesso tempo giro d’affari e controllo del territorio.
Il dossier La relazione sul primo semestre dell’anno: crescita al Sud, l’ombra di usura e lavoro nero