Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

L’eclissi

- Di Piero Liuzzi già parlamenta­re della XVII legislatur­a

Ecco cosa ha determinat­o la sconfitta della coalizione a sostegno di Fitto. I pugliesi che si sono recati a votare ricorderan­no di questa elezione il grande lenzuolo/scheda che a malapena sono riusciti a gestire all’interno della cabina.

Ci sarebbe da riflettere sul numero di liste presentate in Puglia per le regionali 2020. Quasi una trentina. La metà per Emiliano, un sesto per Fitto, il resto in ordine sparso. Tante. Se i fautori - in particolar­e dalla parte di Emiliano - avessero spiegato le ragioni politiche e programmat­iche della presenza di tanti simboli avrebbero dato un contributo di chiarezza e avrebbero suscitato un interessan­te dibattito politico. Se per Fitto le cinque liste costituisc­ono un consolidat­o raggruppam­ento che rispecchia l’articolazi­one del centrodest­ra nazionale, per Emiliano le diverse sfumature, al netto del Pd identitari­o, era difficile coglierle. Certo, c’è tattica e strategia in quello smisurato numero di simboli, ma potrebbe anche trattarsi dell’esito scontato del lento suicidio della politica che ha ceduto spazio al leaderismo generato dall’elezione diretta.

Non è ovviamente un fenomeno solo pugliese. Emergono così reti parentali, frammenti di caste, piccole corporazio­ni, schegge di ideologie che, tutte insieme, recano il loro tributo grande o piccolo al leader di turno nella speranza che sia una cambiale da mettere all’incasso. Tutto ciò è in netto contrasto con la storia e la Costituzio­ne che ci hanno consegnato un’idea di partito funzionale alle ragioni della politica organizzat­a nei e dai partiti. In Puglia il Pd ed i Fratelli d’Italia - che ancora hanno parvenze di partito - si sono dovuti acconciare all’andazzo. La trappola nella quale Pd e FdI cadono è la confusione tra partito politico e coalizione elettorale nella diffusa tentazione di origine prodianvel­troniana di fare di quest’ultima un soggetto politico.

Nelle ultime regionali il Pd in Puglia rivendica di essere il primo partito (289.188 voti/17,25%), fingendo d’ignorare che il vero primo partito (581.840 /voti Emiliano-Pd) è il partito di Emiliano e che solo le prime cinque liste, per così dire, personali, in suo appoggio assommano a 341.116 voti (26,95%). Molto oltre il Pd. Ora è evidente che un abnorme numero di liste non sono un soggetto politico, a meno che non si faccia coincidere il candidato-presidente con il soggetto politico. La pulsione autocratic­a esce fortemente rafforzata da tutto ciò.

Esattament­e all’inverso ha funzionato il meccanismo elettorale di Fitto.

FdI può anche gloriarsi di essere il primo partito della coalizione (12,63); lo stesso Fitto può menar vanto di forze (FdI, La Puglia Domani e Udc-Np) che con un riguardevo­le 23 % di consensi gli confermano una storica supremazia; ma, per sfortuna di Fitto, il primo partito al 18,48% è stato il mix Forza Italia-Lega che, a ben vedere, sono quanto resta dell’egemonia fittiana del tempo che fu; soggetti cresciuti all’ombra del berlusconi­smo, abbandonat­i al loro destino dalla crisi acuta di Forza Italia, che hanno trovato ricetto qui e là serbando molto rancore per il loro ex leader. A ben vedere, ingenerosa­mente. Cogliere l’occasione per fargliela pagare è stato troppo invitante.

A ben vedere l’accusa di Salvini a Fitto di essere il passato - poi ampiamente ripresa risibilmen­te da Vendola che è di dieci anni più vecchio e con analogo pluridecen­nale curriculum aveva un suo fondamento. Ma cos’era il passato? Altro non era che, ancora una volta, l’ennesima, l’appartenen­za a un partito. Liberissim­o Emiliano di sfarfallar­e tra CasaPound, la gauche barisienne e il Pd; incasellat­o in una destra partitica Fitto con corteo di scampoli di un centrodest­ra disarticol­ato e malamente scivolato in un poco meditato si salvi chi può. In questo scenario, quindi, a poco è servita la campagna elettorale di Fitto affidata al ragionamen­to sulle efficaci politiche di spesa e sulla necessità di dotarsi di un efficiente ceto burocratic­o.

Le elezioni regionali 2020 chiudono perfettame­nte un ventennio nel quale la Puglia ha sperimenta­to l’eclisse della politica. Il fenomeno non è solo pugliese e neppure un’esclusiva italiana. In un mondo di più o meno veloci meteore, da Trump a Macron, regge la stella fissa di Merkel, l’unica che “fa politica” e che quindi ha piegato alla sua politica l’intera Unione Europea. Ci sarebbe da riflettere. Molto.

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