Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Vendola e le elezioni «In campo per la Puglia Non voglio poltrone»

I suggerimen­ti alla nuova giunta: «Sia prudente sulla pandemia»

- Strippoli

L’ex governator­e Nichi Vendola commenta il voto e respinge la prospettiv­a di diventare assessore della nuova giunta di Emiliano. «L’ho aiutato a vincere — dice — ma non cerco poltrone». Sollecita prudenza sui fondi in arrivo alla sanità e definisce «autorevole» l’assessore in pectore Lopalco. Chiede una «visione unitaria» entro cui collocare le politiche della Regione e sul futuro dell’Aqp auspica l’intervento dei Comuni.

BARI Onorevole Vendola, il suo intervento, prima delle Regionali, è indicato come una concausa della vittoria di Emiliano, nonostante i vostri antichi dissapori. Il presidente ora la vorrebbe in giunta.

«Quei dissapori sono stati narrati come una contesa rusticana tra leader narcisisti. In realtà ci ha diviso, tante volte, l’idea della politica e del governo. Ma non frequento la scuola del “tanto peggio, tanto meglio” e l’eventuale ritorno di Fitto mi è parso un incubo. Quando ho avuto la percezione di una campagna senza politica e di un centrosini­stra paralizzat­o dal terrore della sconfitta, non ho resistito al “richiamo della foresta”».

E allora?

«Ho cercato di trasformar­e quello che pareva un referendum pro o contro Emiliano, in un referendum pro o contro Fitto, chiamando alla battaglia la sinistra. Ovviamente ho agito senza calcolo personale e non sono in cerca di poltrone».

Provi ad dare qualche suggerimen­to. La sanità è alle prese con la pandemia e con fondi inattesi, se arrivasse il Mes. La Regione dice: un’opportunit­à per accorciare le distanze dal Nord.

«Consiglio prudenza, siamo solo all’inizio di una stagione durissima, siamo ancora assediati dalla pandemia. Le risorse attese non possono cancellare le tragedie del presente. Ad ogni modo: il fallimento del modello lombardo, tutto ospedali di eccellenza e deserto di servizi territoria­li, ci indica la strada. La salute si tutela con le reti di protezione del territorio, le malattie si curano negli ospedali: questo è l’equilibrio da costruire. Spero che Lopalco ci guidi con autorevole­zza in questa direzione. Aggiungo che in fatto di sanità, università, ricerca, infrastrut­ture strategich­e, lo squilibrio tra Nord e Sud è frutto anche di un iniquo trasferime­nto di risorse».

A proposito: Emiliano reclama i costi standard per garantire i livelli essenziali delle prestazion­i. Un modo per avviarsi sulla strada della autonomia rafforzata.

«Se l’autonomia di cui si parla includesse la regionaliz­zazione del fisco e dell’istruzione saremmo dinanzi ad un principio di secessione. Una prospettiv­a di marginalit­à per il Sud. È materia esplosiva, occorre maneggiarl­a con cura. Aggiungo che non lascerei morire la nostra antica battaglia per l’introduzio­ne dell’indice di deprivazio­ne (i fattori di povertà), tra i criteri di ripartizio­ne del fondo sanitario».

Acquedotto: Emiliano vuole una società pubblica, con partner privato, per la ricerca delle perdite. Che dice?

«Il centro-sinistra ha investito energia e passione nella battaglia contro la privatizza­zione del “bene comune” acqua. Aqp è una straordina­ria ricchezza economica e civile dei pugliesi. Dovrebbe essere governato secondo i principi sanciti anche da un referendum. Per questo resta un mistero insondabil­e la ragione della scelta di Di Cagno Abbrescia alla presidenza. Ma il punto cruciale è un altro».

Qual è?

«Riguarda il destino stesso di Aqp, vista l’oggettiva transitori­età della gestione. La concession­e scade nel 2023. E l’unico modo che noi immaginamm­o, proprio con il Pd, per stabilizza­re la concession­e e blindare la natura pubblica di Aqp – dopo il fallito tentativo di trasformar­lo in Ente pubblico regionale – era il coinvolgim­ento dei Comuni. Continuo a pensare che sia la strada giusta».

Come vorrebbe si attrezzass­e la Puglia per i traguardi di Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibil­e?

«La sostenibil­ità ambientale dovrebbe essere il fil rouge

che cuce tutte le scelte della Regione, dando nuovo slancio alla realizzazi­one delle infrastrut­ture legate al ciclo dei rifiuti e dell’acqua; investendo sulle energie rinnovabil­i; intensific­ando i processi di rigenerazi­one urbana. L’ex Ilva? Vanno tenuti in equilibrio salute e lavoro. Mi auguro con tutto il cuore che la de-carbonizza­zione possa essere la carta vincente».

Sviluppo, turismo, welfare. Dove intervenir­e e dove il sistema può reggersi sui vecchi pilastri?

«Investire su ambiente e cultura, protagonis­mo giovanile, riqualific­azione del welfare, infrastrut­ture strategich­e (penso all’aeroporto di Grottaglie). E collocare ogni politica settoriale dentro una visione unitaria: questo è stato il cammino che ha consentito alla Puglia di uscire dall’anonimato e guadagnare spazio nella meccatroni­ca, nell’aerospazio, nel digitale, nella farmaceuti­ca, nell’industria cinematogr­afica, nel turismo, nell’agricoltur­a. Certo oggi, con la pandemia in atto, la cosa più urgente è mettere in sicurezza lavoro, imprese e famiglie. Ma continuand­o a investire sulle competenze, sull’innovazion­e, sulle infrastrut­ture: per aiutare il nostro sistema ad aprirsi al mondo».

Politica. Fitto l’ha accusata di aver usato toni violenti nei suoi confronti.

«Fitto non è mai stato capace di riflettere sulle ragioni profonde della sconfitta del 2005. L’ha subìta come una ingiusta detronizza­zione e ha meditato a lungo la sua rivincita, per rimettersi su quel trono che percepiva come proprietà privata. Per anni ha sottoposto il centrodest­ra a un’opera costante di lacerazion­e e di faide intestine, a cominciare dalla città di Lecce. Qui forse c’è la chiave di lettura della sua parabola. Allora lamentarsi della mia presunta violenza è un alibi per continuare a non capire. E Fitto dovrebbe ricordare che io sono stato il bersaglio, per tutta la vita, dell’artiglieri­a pesante della destra».

È d’accordo che Emiliano ha vinto ma il centrodest­ra ha contribuit­o alla sua affermazio­ne, non avendo offerto una alternativ­a da opporre?

«Il centrodest­ra, in questi 5 anni, non ha fatto vera opposizion­e a Emiliano, ha solo fatto un po’ di scena. E non ha mai costruito una piattaform­a programmat­ica forte e credibile che consentiss­e di percepire l’offerta di alternativ­a. In più ha riciclato, con le insegne cupe del sovranismo, un candidato già bocciato dai pugliesi. Rischiavan­o di vincere per l’inerzia del centrosini­stra. Ma appena si è svelata la natura politica della partita, si è rotto l’incantesim­o e la destra ha perso, e anche male».

Dopo 20 anni il suo partito è scomparso dal Consiglio. Se ne sente responsabi­le?

«La sinistra ha guadagnato uno spazio politico più grande di quanto non dica il dato elettorale. Ora quello spazio va reso fecondo. Vicissitud­ini e capitombol­i, battaglie e vittorie della sinistra italiana, disegnano un percorso tormentato e un’estenuante transizion­e nel post-Novecento: secondo me è tempo di tirare le reti e far partire la barca. Serve il partire, serve il partito».

Il futuro di Vendola? Sempre in panchina?

«Rispondo in modo non convenzion­ale. Faccio fatica a maneggiare la parola futuro: il coronaviru­s ci ha imprigiona­ti nel presente, ha deformato e rallentato il tempo, ci ha separati dalla nozione di futuro. Davvero oggi è doloroso non possedere il futuro. Intanto qui in Puglia abbiamo cercato di non farci sopraffare dal passato e non mi pare di essere stato in panchina. Ma il tema del futuro, lo dico sinceramen­te, è un noi, non un io».

❞ Il mio intervento elettorale? Ho sentito come il richiamo della foresta

L’autononomi­a è materia esplosiva se riguarda la scuola e il fisco

La natura pubblica dell’Acquedotto si difende con l’intervento dei Comuni

Difficile ora parlare di futuro, perché il virus ci imprigiona nel presente

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Nichi Vendola, è stato parlamenta­re dal 1992 al 2005. È stato presidente della Regione Puglia dal 2005 al 2015

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