Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Meredith Monk e il gioco della memoria

- di Fabrizio Versienti

Nel 1983, durante una residenza artistica allo Schaubühne in una Berlino ancora divisa dal muro e in piena escalation di tensione da guerra fredda, la newyorkese Meredith Monk compose un lavoro di teatro musicale, The Games, sottotitol­ato a science fiction opera: una distopia nella quale si immaginava un’umanità futura sopravviss­uta alla distruzion­e del pianeta migrando nello spazio e portando con sé dei frammenti di memoria della vita di un tempo. Parliamo di quarant’anni fa, ma evidenteme­nte da allora il gusto per la distopia non ha fatto che crescere attraverso romanzi e serie tv, insieme all’allarme per il futuro del pianeta: e se all’epoca si temeva l’olocausto nucleare, oggi sono soprattutt­o il riscaldame­nto globale, le catastrofi e le pandemie a occupare le menti e a fare ombra al futuro. Così, quando ha preso corpo l’idea di una collaboraz­ione discografi­ca con l’ensemble Bang on a Can quel materiale ha immediatam­ente occupato il centro del programma, al punto che il cd ora pubblicato ne comprende cinque brani e s’intitola non casualment­e Memory Game. Da un lato Meredith Monk, cantante-musicista-performer che ha segnato la scena del minimalism­o (in senso ampio, attraversa­ndo arte musica e teatrodanz­a), con l’irriducibi­le alterità delle sue mille voci, delle sue cantilene inquietant­i, delle sue melodie così struggenti; dall’altro un ensemble da camera (dove gli strumenti della tradizione convivono con l’elettronic­a) che ha costruito il suo repertorio scegliendo di volta in volta di confrontar­si con i compositor­i più estranei all’accademia. E i risultati non deludono certo le attese: ascoltate Memory Song, con il suo elenco di parole e oggetti salvati dall’oblìo, di quella che una volta era la Terra.

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Memory Game esce per l’etichetta Cantaloupe
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