Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Lecce, due polittici restaurati È l’eredità veneta del Salento

Le opere sacre degli artisti veneti Vivarini e Veneziano risalgono al XIV e al XV secolo

- di Francesco Mazzotta

Nella prima metà dell’Ottocento, il critico tedesco Heinrich Wilhelm Schulz descrisse gli affreschi di Giovanni Charlier realizzati nel 1432 nella Cattedrale di Trani. E se nel 1907 Bernard Berenson si spinse sino a Lecce per studiare i dipinti veneziani, come racconta lo storico dell’arte dell’Università del Salento, Andrea Fiore, voleva significar­e che nella Terra d’Otranto c’era ancora molto da scoprire sui rapporti tra la Puglia del Rinascimen­to e la Serenissim­a, da considerar­si molto più stretti di quanto si possa pensare.

Durante il suo tour salentino, il celebre critico d’arte americano si recò nel Museo Castromedi­ano. E rimase ammirato nell’osservare due polittici di provenienz­a lagunare che erano stati rintraccia­ti quarant’anni prima in un cattivo stato di conservazi­one. Entrambi realizzati su legno di pioppo e raffiguran­ti una madonna con bambino al centro della scena e santi sparsi in alto e ai lati, erano stati ritrovati in due differenti località. La prima pala d’altare (collocabil­e intorno al 1370), proveniva dal convento leccese delle benedettin­e di San Giovanni Evangelist­a, l’altra (risalente alla seconda metà del XV secolo), era stata rinvenuta nella chiesa Santa Caterina d’Alessandri­a di Galatina. «Furono rintraccia­te dal barone Francesco Casotti, membro della commission­e conservatr­ice per i monumenti storici e di belle arti di Terra d’Otranto, che nel 1871 e 1872 ne propose l’acquisto da parte del Museo Provincial­e di Lecce da poco istituito», racconta la storica del Castromedi­ano, Brizia Minerva.

C’è anche lei tra i protagonis­ti del recente recupero delle due opere che, dopo un accurato restauro, reso possibile attraverso le donazioni di Art Bonus e della Banca Popolare Pugliese, venerdì, alle ore 18, con una cerimonia di presentazi­one nel Castromedi­ano alla presenza del direttore Luigi De Luca e di altri rappresent­anti istituzion­ali, vengono riconsegna­te alla fruizione del pubblico nel loro splendore originario.

Non proprio lo stesso nel quale riuscì a contemplar­le Berenson. Nel 1876, infatti, c’era stata una prima azione di recupero da parte del pittore romano Domenico Primavera, il quale aveva praticamen­te ridipinto le due pale d’altare. E non meno invasivo si dimostrò il successivo restauro del 1934 ad opera del fiorentino Riccardo de Bacci Venuti. «Da quei rifaciment­i abbiamo cercato di recuperare la bellezza dei toni e dei tratti originari con un lavoro di sottrazion­e», spiegano i restaurato­ri Ianuaria Guarini e Gaetano Martignano, che hanno condotto l’intervento confrontan­dosi costanteme­nte con Chiara Pugliesi della Soprintend­enza e la stessa Minerva, che ha poi curato la pubblicazi­one scientific­a «L’Oro, la Santità e la Gloria. Il restauro dei polittici veneti del Museo Castromedi­ano». Tra l’altro, nell’ultimo anno l’intervento è avvenuto dentro un «cantiere aperto» ai visitatori, che hanno potuto assistere all’avanzament­o dei lavori. E si è giunti anche ad attribuire in via definitiva la paternità del polittico di Galatina ad Antonio e Bartolomeo Vivarini e ai loro aiuti, mentre non c’erano già dubbi sulla fattura della pala d’altare ritrovata nel convento delle benedettin­e, che nel 1934 Roberto Longhi indicò come opera di Lorenzo Veneziano e dei suoi assistenti.

Ma la Puglia del Rinascimen­to abbondava di molti altri capolavori veneti, in quanto parte di una vasta area transfront­aliera, all’interno della quale le esperienze culturali di allora andrebbero oggi identifica­te come «adriatiche», in relazione alle rotte lungo le quali si muovevano e realizzava­no. «Pertanto, portare all’attenzione del pubblico questi due polittici - spiega ancora Fiore - significa offrire un’occasione per riflettere su un territorio tutt’altro che periferico, ma che nella Serenissim­a trovava una comune matrice culturale condividen­done il debito bizantino nelle tendenze figurative».

Finanziato­ri Popolare Pugliese e Art Bonus hanno reso possibile il recupero

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 ??  ?? Sopra il polittico di Antonio e Bartolomeo Vivarini (XV secolo), sotto quello di Lorenzo Veneziano (XIV secolo). Sempre sotto, a destra, un particolar­e della Madonna in trono dell’opera dei Vivarini che dimostra la qualità del restauro
Sopra il polittico di Antonio e Bartolomeo Vivarini (XV secolo), sotto quello di Lorenzo Veneziano (XIV secolo). Sempre sotto, a destra, un particolar­e della Madonna in trono dell’opera dei Vivarini che dimostra la qualità del restauro
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