Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Il lungo omaggio di Diaghilev ad Aldo Nicolaj
Da oggi al primo novembre in Vallisa l’omaggio di Paolo Panaro e Diaghilev
Amò Pirandello, Cechov e Shaw, dai quali assimilò un modo di fare teatro ricco di personaggi e caratterizzato da una nitida critica sociale. Poi, Aldo Nicolaj indirizzò la struttura dei suoi testi verso una forma più asciutta. E la scrittura si caricò sempre più di venature ironiche e poetiche, nere e graffianti. Le stesse che è possibile ritrovare nei testi scelti da Paolo Panaro per celebrare il drammaturgo piemontese che considerava il teatro il suo personale giocattolo. «Con lui non mi annoio mai», diceva Nicolaj, artista al centro di un articolato omaggio della Compagna Diaghilev, che da stasera, sino al primo novembre, porta in scena nell’auditorium Vallisa di Bari, per la stagione Teatro Studio realizzata nell’ambito dell’intervento «Custodiamo la cultura» della Regione Puglia e del Teatro
pubblico pugliese, nove brevi pièce suddivise in tre distinti spettacoli: Amori impossibili con Deianira Dragone e Carlo D’Ursi, Le intellettuali con Tiziana Manfredi, Altea Chionna e Francesco Lamacchia e Fissazioni sentimentali con Elisabetta Aloia, Alessandro Epifani e lo stesso Paolo Panaro, che cura drammaturgia e regia (info 333.126.0425).
Ogni giorno sono previsti due titoli diversi in varie combinazioni (ore 20 e 21.30), mentre la domenica verranno proposti in successione tutti e tre gli spettacoli (alle ore 18.30, 20 e 21.30). Spettacoli corrosivi, e pur tuttavia intimi, pensati «per lavorare su una recitazione sommessa, ricca di sfumature vocali capaci al tempo stesso di un’espressività mimetica lieve e sfumata», spiega Panaro, chiarendo contestualmente il senso di un’intera stagione che intende rimettere al centro l’attore e la parola. E questo omaggio accende i riflettori su un drammaturgo che attraverso la parola ha costruito il senso del proprio teatro, esportato persino in Russia, Argentina e Giappone, eppure oggi quasi dimenticato in Italia. Quella stessa Italia che Nicolaj ha raccontato accompagnandone con pungente umorismo i cambiamenti a cavallo del secondo conflitto mondiale, pur rimarcando l’universalità di certe debolezze dell’uomo contemporaneo.
«Dietro la sua opera, pregna di humour inglese, nella quale le tecniche del teatro comico più aristocratico si fondono con la battuta da sketch televisivo, si cela una lunga e nobile tradizione», dice Panaro, mentre illustra l’evoluzione del teatro di Nicolaj, passato dal simbolismo al neorealismo, dal surrealismo intimista al teatro della crudeltà e dell’assurdo. Un teatro che ha attraversato il café-chantant, il cabaret colto degli anni ’20 e ’30 e, soprattutto, la rivista da camera del secondo dopoguerra, periodo durante il quale Nicolaj lavorò in Rai come adattatore e sceneggiatore per trasporre sul piccolo schermo opere letterarie e per la scena. L’adattamento per la televisione delle commedie di Eduardo De Filippo si deve a lui, oltre che ad Andrea Camilleri. Ma il mondo della televisione non lo entusiasmava. Nicolaj si sentiva soffocato, come un impiegato aziendale. Preferiva giocare. Preferiva il teatro.