Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
CAMBIA IL QUADRO NON LA CORNICE
Quanti complimenti, quante premurose cure per la «perla degradata», per la città che ha tanto sofferto ingiustamente. Se Taranto non fosse una signora che ne ha viste tante, potrebbe arrossire e persino commuoversi. Il presidente Conte e ben sette ministri hanno compiuto per lei un atto di grande valore simbolico: sottolineare di fronte a tutto il Paese, e anche all’Europa, che sullo Ionio è stato compiuto un misfatto che è urgente riparare. In qualsiasi posto del mondo, se da un’industria deriva un danno alle persone, si fermano le macchine per metterle in sicurezza e si pensa a come tutelare i lavoratori. A Taranto, invece, si è giocata una guerra impari fra i dati sul pil e sull’occupazione rispetto a quelli sui rischi sanitari. I primi sono stati dalla politica ritenuti oggettivi e preminenti, mentre le polveri inquinanti e i connessi danni finivano sotto il tappeto della rimozione. Fino al punto da esentare i proprietari dello stabilimento da ogni responsabilità penale.
La linea sottile su cui si muove Giuseppe Conte è ancora la stessa. Il nuovo ospedale San Cataldo e la facoltà di Medicina raffigurano bene il paradosso: si disegna un futuro in cui la città non esce dall’incubo ma si attrezza semplicemente per gestirlo un po’ meglio. Accanto a questi progetti, spiccano le nuove destinazioni turistiche della banchina torpediniere della Marina, l’ampliamento di una base navale proiettato verso i Giochi del Mediterraneo, i progetti per la città vecchia e altre misure fra cui il sostegno delle famiglie non abbienti. Uno sforzo importante e inedito, che però cambia il quadro lasciando intatta la cornice. Lo spiegamento di forze governative, quindi, sembra essere più un sigillo alla continuità che l’annuncio di una svolta. La partecipazione pubblica alla nuova gestione dello stabilimento siderurgico non è l’ingresso nell’Italia green tanto favoleggiata, ma la statalizzazione di un enorme problema irrisolto.
Non a caso, il premier ha dovuto chiarire: «Ritornerò e dedicherò una giornata apposita all’ex Ilva». E poi le solite assicurazioni ai sindacati: «Chiudere un polo siderurgico è un problema di sistema, ma noi vogliamo accelerare, a iniziare dalla transizione energetica e preservare l’occupazione». Sembra di risentire il tristemente noto «dobbiamo coniugare lavoro e salute». Insomma, un miliardo in tasca e l’ennesimo rinvio dell’unica questione non più rinviabile. Una nuvola grigia che si aggiunge alla tante del cielo di Taranto, e incrina una grande giornata che poteva essere storica.