Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
La sinistra chiamata a un compito da giganti
L’impennata dei contagi chiama il governo regionale a misure più severe per la prevenzione. E per la cura nei presidi pubblici e nelle forme non speculative di collaborazione con quelli privati .
Ma proprio dal Covid deve, in parallelo, crescere una più diffusa coscienza della necessità di programmare la transizione e la riconversione ecologica della economia. Come le pandemie al plurale impongono nel loro intreccio con i cambiamenti climatici.
Non più solo gli scienziati, gli intellettuali, i movimenti elitari; è la Commissione Europea e il Parlamento europeo che legano le pandemie alla rottura fra uomo e ambiente naturale operato dal vecchio modello di sviluppo. «Riportare la Natura nella vita delle persone» è il titolo ambizioso di uno dei programmi di base del green deal europeo. Dunque la Puglia nel “tempo nuovo” deve rafforzare la sintonia con la legislazione europea
sullo sviluppo sostenibile nella triangolazione con il governo nazionale. Regioni, enti locali e società civile del resto sono esplicitamente richiamati dalla Ue al coinvolgimento e al protagonismo. Incoraggiati emblematicamente dalla scommessa europea sulla decarbonizzazione dei trasporti e dell’industria. Politica che proprio dall’Ilva di Taranto, in Puglia, ha preso le mosse.
Questa prospettiva trova nella tecnologia digitale il proprio fondamentale alleato. Il digitale può contribuire alla tutela di risorse scarse come acqua e suolo nella produzione agricola (uso dei droni, per esempio) e ridurre nelle città la mobilità inquinante assieme all’inverdimento urbano con parchi e giardini. Entrambi i fronti non sono socialmente neutri. E senza regolazione democratica e legislazione innovativa possono approfondire divari e diseguaglianze fra chi ne fruisce e chi no, o addirittura ne scapita. Sostenibilità ed equità sociale sono la nostra missione.
Col digitale per esempio c’è la grande opportunità dello southern working. Nasce con la pandemia ma può segnare il
ritorno non occasionale al Sud di intelligenze e saperi di una nuova generazione. A patto che non diventi ideologia della libertà nel mercato, giacché anche nel digitale c’è chi comanda e chi esegue; c’è la connessione permanente che annulla lo spazio fra tempo di lavoro e tempo di vita, specialmente per le donne.
Nella Puglia del tempo nuovo rimane lo schiavismo nei campi, lo sfruttamento dei rider, che si stenta a considerare lavoro subordinato. Ecco dunque, a mio avviso, alcune delle missioni di legislatura del rinnovato governo regionale. Determinante per perseguirle è il modello politico e istituzionale. Sappiamo che la crisi ha prodotto assieme alla frantumazione delle forme politiche, soprattutto a sinistra, l’affermazione di forti leadership istituzionali e di governo. E filiere verticali verso i territori attorno agli eletti. Questo è fenomeno che nasce da molto tempo e da molti fattori; ed è consolidato nel rapporto diretto con categorie, interessi, singole personalità della società dalle leve del governo e dalla nuova tecnologia della comunicazione.
Le elezioni sono state fattore nient’affatto secondario della legittimazione. Come i ballottaggi in città grandi e medie, in un sistema policentrico come il nostro, hanno affermato il consenso degli elettori ad una nuova e diffusa classe dirigente di centrosinistra (in senso lato e sin troppo variopinto). Con i vertici di Regione e Comune di Bari che hanno rafforzato rilevanza e influenza nazionale . Ciò è un dato della realtà; al netto di inaccettabili trasformismi e della necessità di bonifica dei fenomeni illegali di raccolta del consenso.
Si può dunque ben immaginare un nuovo ciclo della “Puglia nel tempo nuovo”. E da qui il cimento assai arduo della sinistra: come costituirsi in polo di interlocuzione credibile e influente con le leadership di governo. La sinistra è nel popolo, ed è nelle diverse formazioni politiche fino nel Pd. Ma non è casa comune, ancorché plurale.
La Puglia non è una monade. Molto del suo futuro in questo secolo dipende dal quadro nazionale, e direi dal rinnovamento del campo del socialismo europeo. Tuttavia se qui è nata la “Primavera” vuol dire che si può tentare di dar vita a un laboratorio di tipo federativo fra le sue diverse anime; un laboratorio che si proponga nella interlocuzione con la sfera del governo come uno dei corpi intermedi di una società complessa. Le sigle e i ceti politici che in esse si esprimono devono fare i conti con i loro deludenti risultati elettorali, e disporsi ad una cessione di sovranità verso un luogo appunto di tipo federativo. Con il quale possano cooperare rappresentanze istituzionali affini al disegno generale. Mentre lo sviluppo di un luogo autonomo delle donne sulla questione cruciale della parità di genere può portare nuova linfa al discorso pubblico e alla agenda istituzionale. E ciò insieme alla consapevolezza che non vi è disegno ambizioso che possa essere sganciato dal radicamento nei luoghi del disagio sociale e individuale. Luoghi e persone in carne e ossa che non si possono incontrare e interpretare con i social media. Sì, sono compiti giganteschi, ma anche nell’altro secolo le sfide furono di questa portata.