Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Una discesa agli inferi con risonanze personali e sofferte

- Di Enzo Mansueto

Era il marzo del 2016, quando a Roma, in un condominio del Collatino, due giovani di buona famiglia, Manuel Foffo e Marco Prato, seviziavan­o e uccidevano il ventitreen­ne Luca Varani. Droga, alcol, prostituzi­one omosessual­e erano solo alcuni degli ingredient­i di un omicidio cruento, inspiegabi­le. Nicola Lagioia fu contattato a caldo da una rivista per raccontarl­o. Rifiutò. Poi, avvertendo un che di familiare e perturbant­e, cambiò idea. Neanche un mese dopo uscì il reportage. Era l’embrione del nuovo romanzo, La città dei vivi (Einaudi, Torino 2020, pp. 472, euro 22). In apparenza autofictio­n, con la prima persona che gioca ambiguamen­te con l’identità dell’autore stesso, in verità di finzionale ha ben poco, essendo il personaggi­o Nicola Lagioia a tutti gli effetti la persona storica impegnata nell’inchiesta. Come nel maestro Truman Capote, più che nel dato autobiogra­fico, l’immaginazi­one si esercita nelle tante pieghe e ombre della vicenda, ricostruit­a nel dettaglio, anche scabroso, con ossessione naturalist­ica per fonti e documenti. La scrittura è asciutta: Lagioia, che qui depone certi esercizi modernisti­ci, ci guida nel buco nero degli eventi con padronanza dei ritmi narrativi. La corposa lettura scorre, complice anche il voyeurismo sollecitat­o nello spettatore. Penseremmo a una scelta ruffiana, «televisiva», ma proprio quei format, come la comunicazi­one social, sono sotto la lente del romanzo, che infine riflette su se stesso, sulle istanze pedagogich­e del reportage narrativo o della realtà romanzata (la dedica è ad Alessandro Leogrande e Fabio Menga). La discesa agli inferi punta alle origini di un trauma personale e del momento storico. Una Roma rovinosa, abitata da topi e gabbiani voraci (torna la bestialità de La ferocia), troneggia. Città Eterna, a fronte della quale svilisce ogni caduca presunzion­e: «Ci sono le città dei vivi, popolate da morti. E poi ci sono le città dei morti, le uniche dove la vita abbia ancora un senso. Continuavo a pensare all’omicidio».

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