Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
«Blindness», ciechi davanti all’agonia del pianeta
«Blindness», la collettiva presentata sabato 24 ottobre alla galleria Muratcentoventidue, si ispira al saggio La grande cecità dello scrittore indiano Amitav Ghosh, che denuncia l’incapacità di affrontare e dunque di vedere soluzioni per la sopravvivenza del pianeta (Info 3348714094 www.muratcentoventidue.com). Di rimando riconsidera la cecità secondo una tradizione letteraria che dal mondo greco fino a Saramago ne ha fatto una metafora dell’indifferenza o del rifiuto di individuare rimedi a bisogni estremizzati e urgenti. Il tema è affidato a più punti di vista, nella fattispecie quattro artiste internazionali, Georgie Friedman, Sissa Micheli, Margarida Paiva e Charlotte ThiisEvensen. Ciascuna di esse si esprime, attraverso il video, a cominciare da Sissa Micheli, altoatesina che sventola una coperta di emergenza (Singing Flags/Sounds of Climate). Non la brandisce in segno di resa ma la agita convulsamente per allertare le coscienze, aiutata da coriste/i che inneggiano melodie tratte da una trasposizione sonora dei diagrammi sul riscaldamento globale.
Un elegante e intenso bianco/nero anima il bosco silente della portoghese, di stanza a Oslo, Margarida Paiva, nel suo lavoro Soul Blindness . Una fitta foresta intrisa di tonalità nordiche è abitata da animali che condividono con il cupo paesaggio una dimensione estatica, un animismo arcaico in grado di garantire un’armonica esistenza dell’habitat, grazie anche all’assenza di umani.
Charlotte Thiis-Evensen, artista e regista norvegese, propone Adrift, letteralmente andare alla deriva. Affida a fotografie e immagini in movimento una riflessione sull’immigrazione e dunque sulla ricerca di approdi in un mondo segnato da cambiamenti climatici devastanti. Chiude l’americana Georgie Friedman con un lavoro sull’Antartide, ecosistema tra i più instabili del pianeta. In the Wake of
Icebergs le immagini compongono dittici che accostano gli iceberg, in fatale transito verso il mare aperto, a visioni ravvicinate dei massicci blocchi di ghiaccio. Compone poetiche relazioni su un registro cromatico di blu e bianco in cui la fragilità del paesaggio costringe a ripensare costruttivamente il rapporto tra uomo e natura.