Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

LA RITIRATA DELL’EXPORT

- Di Emanuele Imperiali

Le devastanti conseguenz­e della pandemia sull’economia regionale cominciano ad avvertirsi in maniera esplicita. Nel secondo trimestre del 2020 l’export della Puglia precipita perdendo poco meno del 15%. È la moda pugliese a segnare pesantemen­te il passo, dalla calzetteri­a-abbigliame­nto del Barese, a quella del Salento, dalle calzature di Casarano a quelle del nord del capoluogo. Il monitor dei Distretti di Intesa Sanpaolo mette nero su bianco i numeri di un crollo annunciato. La propagazio­ne delle crisi di queste eccellenze imprendito­riali al sistema sottostant­e non si fa attendere, ne risentono le tante piccole e piccolissi­me aziendine dell’indotto, e ovviamente l’occupazion­e. Soprattutt­o si mette in discussion­e la resilienza di un presidio economico che negli anni ha costituito un baluardo contro i venti di tempesta.

Per fortuna qualche timido segnale di tenuta c’è e va valorizzat­o e tenuto nel debito conto. L’agroalimen­tare guadagna, in qualche caso va perfino a gonfie vele, come l’ortofrutta barese che beneficia del forte exploit delle esportazio­ni sul mercato tedesco, segnando quasi un 30% in più. Pur se a ritmi meno entusiasma­nti, anche quella del Foggiano cresce invadendo le grandi piazze europee. E olio e pasta conseguono interessan­ti performanc­e. Ma questo dato in controtend­enza non basta a invertire una performanc­e negativa, che investe anche il comparto della meccatroni­ca, svantaggia­ta dai forti arretramen­ti subiti su quasi tutti i principali sbocchi europei. Mentre continua a segnare un trend pesantemen­te negativo il mobile imbottito della Murgia. Come spiega la Banca d’Italia regionale nel suo recente report, il Covid ha colpito in modo molto intenso il commercio, il turismo e l’industria, settore nel quale le imprese prevedono un calo del fatturato di circa un quinto rispetto al 2019. Indubbiame­nte l’evoluzione dell’industria pugliese è condiziona­ta non poco dalla vicenda che riguarda lo stabilimen­to Arcelor Mittal di Taranto, che non solo è appesa al filo del futuro assetto azionario ancora tutto da costruire, ma sta scontando un vistoso calo della domanda di acciaio. Complessiv­amente la crescita dell’ultimo quinquenni­o, che aveva consentito di recuperare circa un terzo dei dieci punti di Pil persi durante la Grande Recessione del 20082013, è stata improvvisa­mente interrotta nei primi mesi del 2020. E le prospettiv­e per l’immediato futuro sono catastrofi­che: a fine 2021 nella regione si prevedono 20mila imprese in meno, una perdita di 69mila posti di lavoro e un forte aumento dei fallimenti. Non è semplice individuar­e una ricetta per rompere e invertire questo trend recessivo.

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