Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
LA RITIRATA DELL’EXPORT
Le devastanti conseguenze della pandemia sull’economia regionale cominciano ad avvertirsi in maniera esplicita. Nel secondo trimestre del 2020 l’export della Puglia precipita perdendo poco meno del 15%. È la moda pugliese a segnare pesantemente il passo, dalla calzetteria-abbigliamento del Barese, a quella del Salento, dalle calzature di Casarano a quelle del nord del capoluogo. Il monitor dei Distretti di Intesa Sanpaolo mette nero su bianco i numeri di un crollo annunciato. La propagazione delle crisi di queste eccellenze imprenditoriali al sistema sottostante non si fa attendere, ne risentono le tante piccole e piccolissime aziendine dell’indotto, e ovviamente l’occupazione. Soprattutto si mette in discussione la resilienza di un presidio economico che negli anni ha costituito un baluardo contro i venti di tempesta.
Per fortuna qualche timido segnale di tenuta c’è e va valorizzato e tenuto nel debito conto. L’agroalimentare guadagna, in qualche caso va perfino a gonfie vele, come l’ortofrutta barese che beneficia del forte exploit delle esportazioni sul mercato tedesco, segnando quasi un 30% in più. Pur se a ritmi meno entusiasmanti, anche quella del Foggiano cresce invadendo le grandi piazze europee. E olio e pasta conseguono interessanti performance. Ma questo dato in controtendenza non basta a invertire una performance negativa, che investe anche il comparto della meccatronica, svantaggiata dai forti arretramenti subiti su quasi tutti i principali sbocchi europei. Mentre continua a segnare un trend pesantemente negativo il mobile imbottito della Murgia. Come spiega la Banca d’Italia regionale nel suo recente report, il Covid ha colpito in modo molto intenso il commercio, il turismo e l’industria, settore nel quale le imprese prevedono un calo del fatturato di circa un quinto rispetto al 2019. Indubbiamente l’evoluzione dell’industria pugliese è condizionata non poco dalla vicenda che riguarda lo stabilimento Arcelor Mittal di Taranto, che non solo è appesa al filo del futuro assetto azionario ancora tutto da costruire, ma sta scontando un vistoso calo della domanda di acciaio. Complessivamente la crescita dell’ultimo quinquennio, che aveva consentito di recuperare circa un terzo dei dieci punti di Pil persi durante la Grande Recessione del 20082013, è stata improvvisamente interrotta nei primi mesi del 2020. E le prospettive per l’immediato futuro sono catastrofiche: a fine 2021 nella regione si prevedono 20mila imprese in meno, una perdita di 69mila posti di lavoro e un forte aumento dei fallimenti. Non è semplice individuare una ricetta per rompere e invertire questo trend recessivo.