Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Z/000 Generation allo specchio Gli artisti pugliesi degli anni Zero
Non si occupa di zoomer, alias generazione Z, come ingannevolmente porterebbe a pensare il titolo, la mostra «Z/000 Generation. Artisti pugliesi 2000>2020», curata da Christian Caliandro e ospitata a Bari nel teatro polifunzionale AncheCinema. Piuttosto, parliamo di un gruppo di artisti (Carlo Michele Schirinzi, Pierluca Cetera, Nicola Vinci, Nicola Curri, Patrizia Piarulli, Natascia Abbattista, Stefania Pellegrini, Giuseppe Teofilo, Raffaele Fiorella, Mariantonietta Bagliato) che si è espresso tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Zero palesando tratti comuni.
Intanto, per essersi formati nelle Accademie di Belle Arti del territorio, per aver partecipato, curatore compreso, alle edizioni di «Gap (Giovani artisti pugliesi)», il cui intento era proprio quello di individuare talenti emergenti e posizionarli fuori dei confini regionali, e per avere condiviso esperienze, non solo professionali, con il carismatico artista tarantino Cristiano De Gaetano (1975-2013), scomparso precocemente. Elementi non trascurati nella definizione della collettiva, che avvia una rilettura critica delle loro produzioni partendo proprio da due precedenti eventi: «Speed of Life», retrospettiva dello stesso De Gaetano, tenutasi alla Fondazione Museo Pascali di Polignano a Mare nel 2017, e per l’appunto «Z/000», mostra in cui i suddetti furono protagonisti e organizzatori al contempo (si tenne nel febbraio 2000 presso l’ex-convento di Santa Chiara, a Castellaneta).
Oggi ciascun artista propone più lavori, del periodo di esordio e recenti, tali da confermare quanto affiorava anche in passato, ossia che il gruppo, in controcorrente rispetto al dominante post-concettuale dell’epoca, eleggeva come prioritario il tema del corpo, della maschera e di una sessualità disincantata o saldata al binomio eros/thanatos.
Quasi venticinque anni di carriera per una generazione, non di nativi digitali, come gli zoomer, ma di artisti che hanno guardato al corpo ispirati da pensatori quali Freud, Bataille, Deleuze o dai maestri dell’espressionismo austriaco, Egon Schiele in testa. Sguardi crudi, autoerotismo, scenari visionari (Curri) ma anche ironia al servizio di un’ampia declinazione di linguaggi espressivi, disegno, installazione (Teofilo), pittura e fotografia. Per tutti vale una ricerca identitaria esplicitata su più fronti, attraverso la rappresentazione di volti ridotti a maschere che dichiarano un feroce scandaglio esistenziale (Fiorella, Abbattista); di corpi oblomoviani, sciupati nel consapevole e incontrastato abbandono (Cetera, Schirinzi); oppure, di gruppi familiari accomunati da fragili memorie condivise (Vinci). Sul versante femminile la riflessione di genere porta a una messa a nudo degli stereotipi socio culturali ascritti al femminile, dal ricamo (Piarulli) utilizzato per un decor erotico, ai bigodini copricapo usati come protesi tricologiche (Pellegrini), fino a evocazioni riproduttive riposte in manufatti tessili di forma umana o zoomorfa (Bagliato).
Siamo ormai di fronte ad artisti maturi il cui indubbio valore, accreditato in casa, nel complesso non ha goduto del corrispondente riconoscimento in un sistema dell’arte più allargato. In parte perché, verosimilmente, si è interrotto quel processo di allineamento dei talenti pugliesi al resto del sistema del contemporaneo, avviato proprio con «Gap», la manifestazione biennale che li aveva tenuti a battesimo, puntellata da politiche culturali orientate a superare la distanza dai centri. Questione vitale per tutto il comparto, che andrebbe ripresa con formule opportunamente aggiornate.
La mostra, visitabile fino al 15 novembre, rientra nel progetto «Festa del mare 2020» promosso dalla Regione con il Comune di Bari, Pugliapromozione e il Teatro Pubblico Pugliese.