Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
La Concattedrale di Giò Ponti riavrà le sue vasche
Maltrattata per anni, per lunghi periodi persino violentata. La Concattedrale di Taranto rappresenta un caso unico nella storia dell’arte contemporanea, della quale fa parte a pieno titolo, come hanno certificato (qualora ce ne fosse stato bisogno) le recenti mostre internazionali del Maxxi di Roma, di Parigi, Eindhoven e Islamabad. Commissionata dall’arcivescovo Motolese all’architetto Gio Ponti, venne inaugurata il 6 dicembre 1970, ma mai compiutamente realizzata.
Nelle intenzioni del suo creatore doveva essere avvolta da rampicanti, progetto che attende ancora di essere completato. A lungo è stata abbandonata all’incuria del tempo, alle scorribande di teppisti. Ma è stata anche vittima di alcune scellerate decisioni degli amministratori. Clamoroso l’intervento che negli anni Novanta portò alla copertura delle vasche adiacenti l’ingresso. La rappresentazione del mare sul quale Gio Ponti voleva si riflettesse e veleggiasse la grande nave-chiesa, con il suo spinnaker composto da ottanta finestre traforate, divenne un parcheggio, immortalato con la sua Leica da uno sbigottito Uliano Lucas.
Da lunedì l’amministrazione comunale avvierà i lavori di riqualificazione delle vasche e delle altre aree esterne in vista delle celebrazioni del cinquantennale del prossimo 6 dicembre, che avrebbero dovuto comprendere una mostra patrocinata dal Mibact, annunciata per aprile scorso ma mai inaugurata. Si
Uno specchio L’acqua nelle vesche esterne era stata immaginata da Gio Ponti come uno specchio nel quale la sua cattedrale potesse riflettersi (foto di Mimmo Jodice) sta lavorando, invece, per allestire un’esposizione con gli scatti di Mimmo Iodice, che fotografò la Concattedrale nel 2005. C’è da augurarsi che (a differenza dei precedenti) questi interventi di miglioramento durino nel tempo e vengano accompagnati da una serie di iniziative in grado di rendere consapevole la città, nella quale l’arte e l’architettura contemporanea sono stati visti sempre con diffidenza. Lo conferma l’altro caso tarantino, la rivisitazione di piazza Fontana da parte dello scultore Nicola Carrino con un monumento mai compreso dalla comunità, spesso vandalizzato e ora rientrato nel piano di riqualificazione «Isola Madre».