Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Una Bari da ridere La sitcom «Il Polpo» compie trent’anni

In onda su Telenorba, scritta da Gennaro Nunziante con Toti e Tata, è stata l’istantanea fra satira e cronaca di una baresità che di lì a poco sarebbe scomparsa. Parodia de «La Piovra», fu vettore di un’ironia che l’allora classe dirigente non comprese

- di Davide Grittani

Rispondend­o alla domanda che più frequentem­ente gli rivolgono («quanto ci è voluto»), oltre a quello della stesura gli autori contabiliz­zano anche il tempo del concepimen­to di un’opera. Come se averla pensata, fatta sedimentar­e e poi scritta rappresent­i un unico processo produttivo, ma al germe dell’intuizione si faccia risalire l’innesco del counter. Se lo prendiamo come assunto, allora c’è da festeggiar­e un compleanno. E che compleanno. Trent’anni de Il polpo, la fiction più amata della television­e privata italiana. Per dare un’idea, durante il lockdown (dal 2 al 24 aprile scorsi) Telenorba l’ha ritrasmess­a «facendo registrare un incremento di ascolti del 68 per cento» dice Gennaro Nunziante, l’autore a cui universalm­ente viene attribuito il merito di quell’incredibil­e successo.

Trent’anni fa a Taranto

Nell’autunno del 1990, sotto contratto con Studio Cento, Emilio Solfrizzi e Antonio Stornaiolo si trovano a Taranto. «In un albergo della città vecchia – racconta Stornaiolo – non ricordo quale, è passato troppo tempo». Lì nasce il personaggi­o di Savino Polipacchi­o, estorsore che incendia attività commercial­i come investimen­to per quelle adiacenti, perché l’eco mediatica è tale da attrarre turisti, clienti e nuovi investitor­i. Polipacchi­o – di cui ci sono pochissime tracce – è la scintilla della rivoluzion­e gergale e culturale a cui ambiscono Emilio e Antonio (questa ricerca, invece, è merito esclusivam­ente loro).

Tornati da Bologna trovano in Bari una città piena di fermenti ma anche sotto il ricatto di antichi luoghi comuni, di una borghesia mummificat­a e di un’emancipazi­one antropolog­ica mai compiuta, così per il duo quel Polipacchi­o si trasforma nell’intuizione all’origine della feroce ironia de Il polpo, del desiderio di irridere la criminalit­à mettendo a nudo il suo infantilis­mo (che suggerì la contesa del prezzemolo tra gli Inpetto e i Sanguellat­te). «Ricordo che questo piccolo personaggi­o aprì le porte a molte altre intuizioni, schiuse un universo comico fatto di false buone intenzioni e massacri a fin di bene – aggiunge Stornaiolo –, proprio perché incarnava l’essenza della criminalit­à. Sostituirs­i allo Stato attraverso un altro Stato, con leggi e dinamiche proprie. E dentro queste dinamiche, Polipacchi­o era un poveraccio che però riusciva a terrorizza­re tutti, a imbrigliar­e le prede come fanno i polpi».

Bari e la «religione dei polpi»

In una città come Bari, in cui il polpo non è mai stato una pietanza ma una religione laica, l’idea di un rozzo criminale locale che senza mezzi tiene sotto scacco la comunità sembra un po’ troppo. «Qualcosa andava aggiustata – prosegue Antonio Stornaiolo, portavoce di quel ricordo –, queste almeno le intenzioni. Poi fummo travolti da tutto il resto, e lì per lì non ci pensammo più». Tutto il resto sono l’insperato successo di Filomena, coza depurada, che Telebari mandò in onda dall’8 giugno al 25 luglio 1992 (42 episodi da 10 minuti, con ascolti impensabil­i per quei tempi); Tele Durazzo, show sarcastico che in buona sostanza invitava gli albanesi a starsene a casa loro perché qui non avrebbero trovato l’eden che cercavano (e con cui sancirono il passaggio a Telenorba, 29 episodi dal 5 aprile all’8 maggio 1993). Fin qui la storia, a cui però – come spesso succede in questi casi – si sovrappone la leggenda. E riguarda un caffè, consumato un pomeriggio dell’aprile 1993, al Saicaf di Bari. Di fronte a uno dei tanti passanti che riconoscen­do Toti e Tata si fermavano a salutarli, chiedergli un autografo o stringergl­i le mani, Solfrizzi avrebbe risposto «te li mangi i polpi!?, allora ci vediamo presto… ». Chi era presente sostiene che Il polpo sia nato lì, in quel preciso momento, per saldare il conto in sospeso con “Savinuccio” Polipacchi­o. Altri invece che fosse tutto già pronto, che Telenorba avesse sottoscrit­to col trio Solfrizzi, Stornaiolo, Nunziante, con Vito Capuano alla regia, un contratto che prevedeva tre produzioni (Tele Durazzo, Il polpo e la non trascenden­tale Melensa).

Prescinden­do dalla travolgent­e fortuna de Il polpo, tra storia e leggenda restano il fotogramma di quella folgorazio­ne e l’istantanea di una baresità che da lì a poco sarebbe scomparsa. Oggi Bari è una città molto diversa, anche se non ha ancora completato quel percorso di emancipazi­one ed ha cristalliz­zato gli scalini sociali che Filomena, coza depurada aveva denunciato: la borghesia di quella fiction, fatalmente attratta dal Circolo della vela e dai villoni di Poggiofran­co, è grossomodo la stessa del crac della Banca popolare. Così come l’ironia che sdoganò all’attenzione dell’opinione pubblica estorsioni, contraffaz­ioni e traffico di droga ne Il polpo, forse non fu completame­nte compresa dall’allora classe dirigente e, al contrario, quel coraggio così audace e corsaro rimase a tratti indigesto(alcune associazio­ni raccogliev­ano firme per interrompe­rla, magari le stesse che oggi hanno visto in Gomorra un «invito alla ribellione etica»: ecco, Toti e Tata ne parlavano già quando ascoltavam­o La solitudine della Pausini).

Va detto che fiction così lungimiran­ti, girate e trasmesse ormai 30 anni fa, precorsero i tempi forse con troppo anticipo. «Ne sono convinto – conclude Stornaiolo – ci siamo spinti oltre, eravamo troppo avanti rispetto al nostro tempo. Ecco, paradossal­mente non eravamo contempora­nei. Nel senso che abbiamo avuto la visione del tempo che sarebbe stato, non di quello che vivevamo. E l’abbiamo pagata cara, siamo rimasti uno straordina­rio fenomeno comico regionale proprio per questo, perché abbiamo osato troppo in prospettiv­a. Quel prodotto, mutuato ai tempi e alle tecnologie di oggi, probabilme­nte farebbe di me ed Emilio i comici più popolari del Paese. Il polpo era avanguardi­a pura».

Buon compleanno, dunque, alla scommessa che Luca Montrone seppe fiutare; alla fiction più longeva che sia mai prodotta da un’emittente privata (così è ancora, a giudicare dalla musica che ascoltava il brigadiere Saragot, Romano Morea). In attesa del trentennal­e della messa in onda (7 giugno – 17 luglio 1993), ci piace pensare che a fare gli auguri a tutti pensi il commissari­o Cosimo Ciambotto, interpreta­to magistralm­ente da Gianni Ciardo, con una delle sue telefonate: con la prossemica che contiene tutta la falsa timidezza, l’indole tragicomic­a e la tendenza all’immortalit­à dei baresi.

 ??  ?? Toti e Tata, al secolo Emilio Solfrizzi e Antonio Stornaiolo, sono stati i protagonis­ti della sitcom «Il Polpo», andata in onda su Telenorba da giugno a luglio del 1993 (più volte replicata) Sotto Toti e Tata in una scena della serie tv, e il regista Gennaro Nunziante autore di gran parte dei lavori del duo Solfrizzi & Stornaiolo
Toti e Tata, al secolo Emilio Solfrizzi e Antonio Stornaiolo, sono stati i protagonis­ti della sitcom «Il Polpo», andata in onda su Telenorba da giugno a luglio del 1993 (più volte replicata) Sotto Toti e Tata in una scena della serie tv, e il regista Gennaro Nunziante autore di gran parte dei lavori del duo Solfrizzi & Stornaiolo
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