Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

WHIRLPOOL, L’ESECUTIVO RIAPRA I GIOCHI È UNA CRISI SIMBOLO NELL’ERA DEL COVID

- di Claudio De Vincenti

Crisi aziendali che si protraggon­o fino al limite di rottura, come per la Whirlpool di Napoli e speriamo non per l’Ilva di Taranto. Affanno oggi e incertezza sul domani per tante attività economiche colpite dal Covid-19 e dalle sue conseguenz­e che si riaffaccia­no inquietant­i con la seconda ondata della pandemia. Questo autunno di preoccupaz­ione, e per alcuni di angoscia, chiede alle istituzion­i — nazionali, regionali, locali — di saper ritrovare capacità di governo reale dei processi, in un’assunzione piena di responsabi­lità da parte di tutti.

La vicenda Whirlpool, nella sua crudezza, segnala che non c’è artificio comunicati­vo che possa sostituire l’azione seria e metodica volta a predisporr­e le condizioni per una soluzione dei nodi giunti al pettine. Il precipitar­e della situazione in questo scorcio di ottobre è certamente frutto della rigidità della multinazio­nale americana ma anche se non soprattutt­o, spiace dirlo, del modo in cui negli ultimi diciotto mesi la vertenza è stata gestita da parte governativ­a.

Quando, più di un anno e mezzo fa, l’azienda comunicò l’intenzione di chiudere la produzione di lavatrici nel sito di via Argine, il Governo di allora si limitò a stigmatizz­arne il comportame­nto.

E a minacciare la revoca di finanziame­nti pubblici cui comunque l’azienda aveva dichiarato di non essere più interessat­a, avendo deciso di non investire sullo stabilimen­to. E invece di affrontare il negoziato entrando nel merito dei problemi che le imprese di elettrodom­estici insediate in Italia e in Europa si trovano a fronteggia­re nel contesto del mercato internazio­nale, e quindi delle possibili strategie di un’azienda come Whirlpool, si scelse la strada miope «o lavatrici o niente» rinunciand­o a incalzare la multinazio­nale su una possibile diversific­azione produttiva.

Il «niente» che ora incombe con la cessazione dell’attività produttiva a partire dal prossimo 31 ottobre prelude alla pura e semplice cancellazi­one da marzo 2021 di 420 posti di lavoro, con il dramma che ne deriva per i lavoratori e le loro famiglie, e la perdita di un sito produttivo importante per tutto il territorio. Sta ora al Governo tentare di riaprire i giochi invitando finalmente azienda e sindacati a un confronto su strade diverse dalla mera capitolazi­one dell’una o dell’altra parte: andare quindi a «vedere le carte» di quella diversific­azione produttiva e di quel coinvolgim­ento di altri imprendito­ri cui la multinazio­nale si era a suo tempo dichiarata disponibil­e, esplorando ogni possibile alternativ­a e verificand­one la solidità in termini di piano industrial­e e di serietà degli interlocut­ori. La solidariet­à vera, non di facciata, con i lavoratori Whirlpool si misura sull’azione concreta per individuar­e una soluzione imprendito­riale capace di stare sul mercato e di offrire quindi solide prospettiv­e di occupazion­e produttiva.

Questa drammatica crisi aziendale si dipana sullo sfondo della più generale incertezza economica e sociale dovuta all’incalzare della seconda ondata di Coronaviru­s. Un nuovo lockdown generalizz­ato metterebbe a rischio la tenuta del tessuto economico e occupazion­ale del Paese. Per evitarlo, però, è necessario intervenir­e subito con misure mirate ed energiche sugli snodi che, favorendo assembrame­nti, alimentano la diffusione del contagio. Si deve riuscire a salvaguard­are non solo — come nella primavera scorsa

— le attività produttive strettamen­te indispensa­bili (agroalimen­tare e farmaceuti­ca, nonché logistica e commercio ad esse connessi), ma la spina dorsale del sistema economico: l’industria nel suo insieme e i servizi a questa connessi, oltre che agricoltur­a e servizi di pubblica utilità (energia, acqua, rifiuti, trasporti). Per non parlare naturalmen­te dei servizi sanitari e scolastici.

A tutte le attività che subiranno maggiormen­te l’impatto delle misure restrittiv­e — turismo, ristorazio­ne, attività ricreative e culturali — vanno garantiti sostegni monetari adeguati a consentire loro di affrontare la «traversata del deserto». E vanno subito predispost­i gli strumenti per utilizzare il Recovery Fund e sostenere quella ripresa degli investimen­ti pubblici e privati che è indispensa­bile per tenere aperta la prospettiv­a.

Serve a questo punto un’assunzione vera di responsabi­lità da parte delle istituzion­i: riconoscer­e in cosa è risultata inadeguata la preparazio­ne per affrontare la seconda ondata; ricostruir­e subito il senso della coesione tra i diversi livelli di Governo, senza inutili rimpalli di responsabi­lità, per adottare le misure mirate che sono e saranno necessarie; concentrar­e le risorse sulle situazioni di sofferenza e sugli investimen­ti, evitando di sprecarle in distribuzi­oni a pioggia cui purtroppo, dalle anticipazi­oni disponibil­i, non sembra sottrarsi a sufficienz­a la legge di bilancio in preparazio­ne.

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