Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
L’anziano, 70 anni, vicino all’area fascista che uccise Petrone
Da Capri ai debiti con la mafia Ora vive in una casa di lusso ma ha il reddito di cittadinanza
BARI Per comodità lo chiamerò L, Mister L, per consentirgli di restare anonimo nel fiume delle persone poco per bene come lui. Mister L è un uomo prossimo ai settanta, figlio della borghesia medio alta barese, culturalmente cresciuto negli ambienti della destra altolocata che frequentava la sezione Passaquindici dell’Msi, sodale degli assassini di Bendetto Petrone ed erede di denari che non è riuscito a gestire, fino al punto di indebitarsi con la mafia, con i Capriati in particolare, di cui diventa, nei fatti, un prestanome. Questo signore è l’emblema di quanto non è ancora stato raccontato di Bari. Cronaca di una cerniera tra borghesia di destra e mafia che ha visto la mafia vincere sul piano economico e culturale su una destra che diventa finto imprenditoriale. Quando Mister L comincia la sua carriera economica, lo fa legandosi agli ambienti sportivi baresi, nei quali prova ad inserirsi con alcune mosse truffaldine, adeguatamente coperte dai denari della sua famiglia (una famiglia proveniente dall’aristocrazia parassitaria spagnola trasferitasi in Puglia e in Campania in epoca moderna). Fallita l’esperienza da manager sportivo nella pallacanestro, si lega a figure napoletane molto chiacchierate, conosciute forse nei lunghi soggiorni estivi a Capri, mettendo su società di reclutamento di modelle negli anni in cui dentro quel mondo cominciavano a confluire fiumi di cocaina, denari della camorra post-cutoliana e induzione e sfruttamento della prostituzione mascherata dai festini del potere.
Ed infatti, a pensarci bene, Mister L è una persona che viene dagli ambienti del potere ma incapace di entrarne a far parte a pieno titolo. Allora si inventa mille finti mestieri per vivere all’altezza dei suoi pari. Sperpera il denaro ereditato dalla famiglia, dimenticando, per esempio, di pagare gli alimenti per i figli che ha seminato in mezza città. Ma non dimentica, questo no!, di porre domanda per il reddito di cittadinanza quando entra in povertà, pur continuando a occupare illegittimamente una grande casa in pieno centro murattiano di cui non è proprietario, perché intestata a uno dei suoi pargoli che vive con la madre.
A pensarci bene, Mister L è un prototipo del percettore del reddito di cittadinanza: uno che può dimostrare di essere incapiente davanti a uno Stato che non gli fa, letteralmente, le analisi del sangue prima di elargirgli uno stipendiuccio per niente meritato. Siamo dentro il paradosso dei paradossi, perché Mister L, per tirare a campare quando era indebitato, metteva a disposizione dei clan una motocicletta trovata dalle forze dell’ordine durante uno dei recenti, milionari sequestri alla famiglia di Antonio Capriati.
Una motocicletta intestata a Mister L ma forse in uso del clan, altrimenti non si spiegherebbe perché parcheggiata in un locale di mafia. Cosa significa tutto questo? Che i tentacoli della mafia arrivano dove ci sono persone pronte a farsi captare in nome del mantenimento di un tenore di vita nettamente al di sopra delle loro possibilità. Significa, ancora, che prima di destinare denaro pubblico a chicchessia, ci si deve interrogare, soprattutto alle nostre latitudini baresi, sulla qualità morale dei richiedenti. Quante proposte di lavoro avrà avuto questo bellimbusto dai navigator di Di Maio? Si può dire nessuna. Quanto di quel denaro illegittimamente percepito è servito a pagare gli alimenti per i suoi figli? Neanche un centesimo. Quanto, invece, questo gioco d’astuzia lo fa sentire furbo quanto i suoi amici criminali? Tanto, purtroppo. E questa è anche la città dei furbi che la sfangano a danno degli onesti.
In basso manifestazione per Benedetto Petrone, il militante comunista di 18 anni ucciso a Bari il 28 novembre 1977 in un agguato compiuto da militanti del Movimento Sociale Italiano