Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
LA RETORICA DEL «PATTO»
Un termine oggi ricorrente nell’affabulazione politica sul virus è patto. È necessario, si afferma con diverse intenzioni, un patto: un patto tra maggioranza ed opposizione, tra regioni e governo, tra istituzioni e paese. C’è persino chi crede, o fa finta di credere, in un patto tra scienza e politica. Il ritornello sul patto – qualunque esso sia - deriva dal fatto che mai come in questo momento il paese è spaccato, come divise appaiono le sue istituzioni. È da tempo, del resto, che – recuperando l’antica tradizione dei guelfi e dei ghibellini - vi sono due Italie – in verità molte di più – che sono l’una contro l’altra armate. La destra contro la sinistra, (esiste anche ben visibile lo scontro tra i populisti di destra e quelli di sinistra) il Sud contro il Nord, (i molto) laici e (i molto) cattolici. Ce n’è per tutti gusti. Paradossalmente, nel momento in cui l’emergenza della pandemia richiede uno sforzo comune lo scontro è più aspro che mai.
In Italia, del resto, di patti veri ce ne sono stati pochi e di breve durata. In primo luogo la grande alleanza di forze – comunisti, socialisti, liberali, cattolici, partito d’azione che dopo la guerra portò al varo della costituzione ed alla nascita dell’Italia democratica. Di questa straordinaria stagione è testimonianza il congresso del Cln tenuto a Bari nel gennaio del ’44. Il grande patto era stipulato non solo per affrontare l’emergenza di un conflitto ancora in corso ma soprattutto per costruire il dopo democratico per il paese.
Un secondo importante patto politico e sociale fu quello che negli anni ’70 vide l’intesa tra tutti i partiti politici, i sindacati e, soprattutto, l’opinione pubblica per combattere il terrorismo che, colpendo da destra e da sinistra, voleva distruggere la Stato democratico. Il decennio che seguì non fu probabilmente quello si sperava, visto che fu una sorta di piano inclinato verso tangentopoli, ma il patto servì a sconfiggere il terrorismo ed a fare uscire l’Italia dal tunnel della paura.
Oggi si invoca per affrontare l’emergenza un patto politico e sociale ma non sembra che, retoriche a parte, vi siano volontà convergenti in questa direzione. Il timore diffuso in maniera bipartisan è che un patto possa distruggere i tesoretti di consenso che ciascuno degli attori in campo ha accumulato ed a cui non intende rinunziare. Intanto, i contagi della pandemia aumentano in maniera esponenziale e con essi la paura. All’orizzonte si addensano i pericoli di un altro patto, quello tra i cittadini per affrontare lo Stato. Sarebbe la fine.