Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Giuseppe Laterza «Colpita la cultura, politica miope»
Il presidente dell’omonima casa editrice pugliese parla degli effetti del Dpcm «Dopo il lockdown il settore si era ripreso, bisogna vedere cosa accadrà»
«La cultura non essenziale? È la conseguenza della miopia della classe dirigente». È quanto dichiara l’editore Giuseppe Laterza sulle chiusure nel settore. «Conte - aggiunge ora ci ascolti».
BARI Giuseppe Laterza, presidente dell’omonima casa editrice: che aria tira per il comparto della cultura dopo la stretta decisa con l’ultimo Dpcm per fronteggiare la seconda ondata del virus?
«Un’aria gelida, perché la cultura vive nel confronto sociale, e avendo deciso che il distanziamento lo chiamiamo sociale e non fisico, la prima a soffrirne è la cultura. Se la società decide di ridurre la convivialità, la cultura ne risente fortemente».
Quale concezione della vita emerge dalla stagione della pandemia se si considera «non essenziale» il mondo della cultura?
«È la miopia di una classe dirigente che ha portato ad avere i più bassi tassi di investimento in Europa per la scuola, università e ricerca. La classe dirigente, politica ed economica, continua a non capire che lo sviluppo economico e sociale dipende dalla cultura, che è anche prevenzione sanitaria. In Italia abbiamo tassi di longevità più alti di altri Paesi, milioni di cittadini si sottopongono a terapie mediche, che costano, perché non fanno prevenzione. Nei Paesi in cui c’è una maggiore lettura di libri, c’è anche maggiore prevenzione. Se la classe dirigente si limita a inseguire i sondaggi, non ci si può sorprendere se si chiudono i teatri e i cinema».
Non si è riuscito a creare un equilibrio tra esigenze sanitarie, che conducono ad una sorta di medicalizzazione della vita, con i valori delle libertà civili ed economiche. Qual è la sua opinione su questo tema centrale nel governo della pandemia?
«Sono entrambi valori essenziali. Da febbraio ad oggi sono passati otto mesi. Vorrei chiedere a chi ci governa: è
❞ Non è colpa dei cittadini se non si è provveduto ad adeguare la rete sanitaria e quella dei trasporti
❞ Le librerie? Bene Amazon e vendite online. Hanno recuperato molto quelle di quartiere
❞ Sulla didattica a distanza la penso come Gino Roncaglia È una situazione solo di emergenza
colpa dei cittadini se non si è provveduto ad adeguare la rete sanitaria? Qualcosa è stato fatto, ma non abbastanza. E ora la situazione è più grave che a febbraio perché occorreva fare interventi radicali. Lo stesso per il sistema dei trasporti. Si possono chiudere i teatri, dove c’è il massimo distanziamento e poi costringere i cittadini a viaggiare in quelle condizioni?».
Le previsioni durante il primo lockdown per l’editoria erano drammatiche. Come è ora la situazione?
«Il fatturato ha recuperato gran parte delle vendite perse. Contro le previsioni del 20%, oggi ci si attesta a -4%. Occorre valutare ora l’impatto della seconda ondata. Ma stiamo molto meglio rispetto a teatro, cinema, musica».
Le librerie reggono?
«La situazione è diversificata. La parte del leone l’hanno fatto Amazon e le vendite on line. Ma hanno recuperato molto le piccole librerie, quelle di quartiere».
La vostra iniziativa, gli incontri con la storia, al Petruzzelli, andrà avanti?
«Lo speriamo, stiamo monitorando la situazione. Speriamo che con la scadenza del Dpcm, se non prima, la situazione venga rivista».
Cosa pensa dell’insegnamento a distanza. È una opportunità o crea un vulnus nel rapporto tra docenti e studenti?
«La penso come Gino Roncaglia, il nostro autore che ha scritto un libro molto interessante, che sostiene che l’insegnamento a distanza è un insegnamento di emergenza. Detto questo, meglio quello che nulla. Al momento è quello che si può fare, bisognerebbe utilizzarlo il meno possibile, ma quando si usa occorrerebbe farlo in modo accorto».
Ma con l’insegnamento a distanza, con il cosiddetto «e learning», emergono le differenze sociali. È così?
«È vero. Nel festival on line virtuale che stiamo per aprire venerdì per presentare il nostro libro “Il mondo dopo la fine del modo” discuteremo di disuguaglianze e tra queste, quella tecnologica. La disponibilità di tablet, computer, banda larga approfondisce le distanze nel Paese».
Il Sud rischia di essere colpito maggiormente da questa pandemia, oppure è il solito lamento – come dice qualcuno - dei meridionali?
«Il Sud ne risente, come ne risentono tutti i settori più fragili, le donne, i giovani. Occorre metterci anche una nota positiva e cioè che come tutte le crisi, può essere questa l’occasione di un ripensamento. Chi era aggrappato ai propri pregiudizi, può metterli in discussioni ma è un’occasione per il Sud per svolgere una riflessione, come avrebbe detto Franco Cassano, da pensiero meridiano».
Cosa chiede al presidente Conte, di fare un passo indietro sulla stretta alla cultura oppure occorre aspettare che passi la nottata?
«Conte ha dimostrato di ascoltare tutti per trovare un punto di equilibrio. Sono tante le voci che hanno chiesto di rivedere il Dpcm, con ragioni e motivazioni che il presidente dovrebbe ascoltare».