Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
La poesia di Nigro, l’impegno sociale nella letteratura
PasoliiMa chi ha cacciato gli dei? Chi ha trafitto la speranza, che è dea? Con immediatezza, i responsabili dei nostri disincanti sono «Il tempo, le guerre, i nostri anni…». Così la voce di Nigro, nel suo canzoniere Gli dei sono fuggiti (Progedit, 2020), schiude una riflessione sulle speranze storiche demolite, sulla terra meridionale, sull’impegno del poeta che, giorno dopo giorno, osserva la bellezza abbruttita.
Eppure, per Raffaele Nigro, la speranza a volte balugina, si fa montaliana, cerca un varco, «l’anello che non tiene», osserva una nuova meta per provare ad uscire da una realtà «pozzanghera/di plastica ruggine e creta». Dal 1982, con Attesa e naufragio, nella poetica di questo autore appare la ricerca di una sorpresa o di un «rumore di un passo/che sciolga/l’acqua annerita dai liquami/l’aria distratta del mattino».
Il poeta, tornato con un’edizione Progedit arricchita dai disegni di Michele Damiani, prova a sciogliere l’indifferenza delle parole, quelle che rimangono «mute, attonite, incapaci». È attraente la cifra artistico-letteraria che incontriamo nel capitolo «Viaggi satire fughe», qui la narrazione in versi diviene pasoliniana: si fa coscienza critica del proprio tempo; e dentro un’intensità classificatoria il poeta nomina eventi, li mette in fila, per ritrovare poi parole di denuncia. Come Giovanni Raboni, maestro di poesia, che nel 2006 scrive versi per tornare a discutere politicamente, così Nigro suggerisce che l’arte poetica non può dimenticare di farsi testimonianza di passioni politicoculturali, non può sostare solo dentro i confini della lirica intesa come sfiatatoio sentimentale e individuale. Nel caos dei linguaggi contemporanei, la poesia ha ancora una chance se offre senso storico, se ascolta la società, «Ohimè, siamo caduti dalla bomboniera/di Craxi a quella di Berlusconi,/sono morti Veltroni Bertinotti e D’Alema/morti
sono i nipoti di Berlinguer». Qui il verso innesca il risentimento politico, rifiuta il declino dell’impegno morale della letteratura, «Intanto a moscacieca /cerco D’Alema tra le pagi
Pasolini con Veltroni (e Adornato) presenti, direttamente o no, nei versi di Nigro ne,/dei quotidiani, Fini si è dileguato/sporco di marmellata,/Renzi fa il conduttore/ di banche fallite, /Veltroni il critico riciclato,/Bertinotti fa il gagà /con la rivoluzione dei défilé».
Nella prefazione di Trifone Gargano, emerge quindi la sottolineatura critica dedicata a questa scrittura in versi «carica di memoria», sostanza umana di tanti «strati» che compongono un lavoro creativo da leggere come «atteggiamento conoscitivo». Ecco la testimonianza poetica che non vuole smettere di conoscere città, strade, campagne pugliesi e lucane; motivo per cui la ricerca antropologica dell’autore de I fuochi del Basento e Malvarosa riapre prospettive tematiche e tratteggia il destino della parola nel suo viaggio conoscitivo «in processione/senza pistole senza manette/ dietro la croce di Cristo/che da Bernalda va verso Altamura».