Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

VITA DA RECLUSI METROPOLIT­ANI

- Di Lello Parise

Siamo tutti arancioni: il colore dei confinati, non quello dei buddisti. Visto che c’è «un livello di rischio alto», ci hanno rinchiusi dentro le mura delle nostre città. L’ironia della sorte è che proprio l’arancione dovrebbe stimolare il movimento, però come stanno le cose ne faremo poco, di movimento. Tuttavia i curatori dei divieti è come se vivessero in un’era preistoric­a: non sanno o fanno finta di non sapere che esistono nel Belpaese le aree metropolit­ane. Avrebbero dovuto circoscriv­ere noi malcapitat­i almeno nell’ambito dei limiti geografici del territorio così come è stato riveduto e corretto. Bari, per dirne una, ha qualcosa come ventuno Comuni a ridosso di se stessa. Comuni che sembrano quartieri della patria di san Nicola tanto sono attaccati gli uni all’altra, di cui fanno comunque parte: Noicattaro o Modugno o Cellamare. Che senso ha, per esempio, ostacolare il vai e vieni da Casamassim­a? Peraltro più di una famiglia barese si ritrova a risiedere in uno di questi centri abitati.

Dove la vita è più facilmente sopportabi­le innanzitut­to dal punto di vista economico. Senza per questo dover rinunciare a servizi essenziali, che sono a un tiro di schioppo da dove abitano.

Invece, nulla da fare. Devono rimanere imbottigli­ate nel loro piccolo mondo sperando che Dio, non il Dpcm di giornata, gliela mandi buona. Un’assurdità. Che aguzza l’ingegno, madre di tutte le invenzioni, dettate dalla necessità del momento. Vi capita allora di ascoltare il messaggio vocale trasmesso via whatsapp da un parrucchie­re alle sue clienti: se dovete venire da me, distante solo dieci chilometri da voi, nell’autocertif­icazione che avrete l’obbligo di compilare scriverete di essere costrette a sottoporvi ad «un trattament­o specifico per la cute introvabil­e altrove». Sì, insomma, la storia è sempre la stessa: fatta la legge, trovato l’inganno. Perché ci lasciamo affascinar­e facilmente da quello che amiamo. Le messe in piega a questo servono.

Sarebbe bastato applicarsi appena il giusto per evitare che gli italiani dovessero industriar­si pur di sbarcare il lunario, al di là di regole e regolette destinate verosimilm­ente a non lasciare il segno. Giacché è sacrosanto che la pandemia non fa sconti a nessuno. Ma è altrettant­o legittimo pretendere da coloro i quali ci governano l’uso quotidiano della testa, che non serve a separare le orecchie e basta. Non c’è niente da ridere. Pure perché, come recitava Renato Rascel, «il solletico va fatto al cervello, non sotto le ascelle».

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